L’uomo copertina del Napoli è sempre Antonio Conte. Dire che ha trascinato la capolista lassù, in vetta alla classifica, trovando quella strana combinazione alchemica tra fluidità posizionale e difensivismo (quasi) esasperato, può apparire un tantino esagerato. Eppure, non è una conclusione troppo lontana dalla realtà. L’effetto-Conte, quindi, si respira in maniera chiara e incontestabile nel cuore pulsante della città, vogliosa di rivivere le gioie provate due anni fa. Un entusiasmo contagioso, che pervade non soltanto le strade ed i luoghi dove il tifo napoletano è maggiormente radicato. In questo scenario, la gara di domani sera contro il Genoa sarà una tappa importante, ma non definitiva, nel microciclo che attende gli azzurri da qui al termine del campionato. In effetti, a meno di clamorose sorprese, si prospetta un finale di stagione punto a punto. Nonostante in Serie A certe dinamiche non sono garantite a priori. Specialmente se ci sono le “strisciate” di mezzo.
Eccola, allora, la magia di Don Antonio: interprete di una filosofia calcistica diametralmente opposta rispetto a quei colleghi che vanno all’arrembaggio, sinceramente convinti della bontà di segnare un gol in più dell’avversario. Da quando c’è lui sulla panchina regna l’equilibrio tipico delle squadre “risultatiste”. Un cocktail micidiale di sagace competenza e feroce determinazione. Questo però non significa che il Napoli sia incapace di esprimere un gioco qualitativo, a tratti dominante, in grado cioè di procurarsi occasioni da rete, sfondando centralmente oppure aggirando lateralmente le difese avversarie. Solo che predilige arrivare all’obiettivo sfruttando i propri punti di forza. Ovvero, profondendo grandissima applicazione fisica e mentale, attestandosi su un blocco medio; presidiando la trequarti affinché si mantengano le distanze strette e corte tra i reparti. Nonché lavorando sulle debolezze altrui.
Scelte controintuitive e adattamenti
Emotivamente, Conte ha permesso al Napoli, costituito in larga parte da giocatori che appena qualche mese addietro venivano raccontati dalla critica, e percepiti dai tifosi, come una squadra letteralmente allo sbando, di affrancarsi dallo status di delusione del campionato post scudetto spallettiano. Trasformandosi così nella principale candidata alla vittoria del titolo 2024/25. Forse qualcuno tra gli oltranzisti in servizio permanente sottovalutano l’importanza di legare lo spogliatoio attraverso connessioni che trascendono la mera strategia di campo. Rapporti umani e sinergie di gruppo fortemente radicate nelle segrete stanze di Castelvolturno. Proprio in questa radicale inversione va ricercato il vero effetto domino generato dall’Uomo del Salento, se parametrata alla gestione fallimentare dei tre tecnici che si sono alternati sulla panchina del Napoli la stagione scorsa. Perciò, il primo posto in classifica rappresenta l’apice di un capolavoro che va avanti da mesi. E di cui in troppi non hanno volutamente approfondire gli innegabili meriti. Le assenze prolungate di Buongiorno, Juan Jesus e Neres hanno stravolto la formazione titolare, obbligando a varare un 3-5-2 atipico, nel quale spicca la conversione di capitan Di Lorenzo in solido braccetto di destra.
Grazie a questo nuovo assetto è stato recuperato dall’oblio Spinazzola, diventato ultimamente un elemento chiave in virtù di una innegabile duttilità; contestualmente, Politano viene sbolognato a tutta fascia, senza battere ciglio. Fondamentali, dunque, innesti e spostamenti. Tipo l’aver adattato Olivera in un ruolo diverso dal solito. Scelte nient’affatto appariscenti; in ogni caso decisive, che certificano la straordinaria abilità dell’allenatore nel leggere con efficacia i vari momenti della stagione. Senza trascurare la metamorfosi di Raspadori, passato nel giro di qualche settimana, dopo la chiusura del mercato di gennaio, da oggetto misterioso a giocatore tatticamente imprescindibile. Per Jack, una radicale inversione nel rendimento, rispetto al girone di andata, che ne certifica il ritorno prepotente alla migliore versione di sé. E rappresenta l’ennesimo capolavoro di Conte.
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