C’è stato un momento nella sua carriera in cui Marco Varnier faceva apparire normali giocate che rischiavano in pochi, mettendo in mostra qualità che non tutti i difensori hanno. E non solamente dal punto di vista fisico, con quei fondamentali tecnici più da centrocampista. Diciamoci la verità, ci si aspettava arrivasse subito ad altissimi livelli. Sembrava davvero un profilo fuori scala rispetto al contesto della Serie B. Destinato presto a sbarcare in categoria superiore, dopo un biennio (2016/2018) da assoluto protagonista in maglia Cittadella. Il classico percorso da talento con prospettive fenomenali gli aveva permesso di conquistare anche il premio come miglior difensore della cadetteria, che gli andava un pò stretta già all’epoca. Naturale, perciò, il trasferimento all’ambiziosissima Atalanta.
Poi gli imprevisti della vita, che ha voluto mettergli i bastoni tra le ruote. La rottura del legamento crociato del ginocchio destro in ritiro lo costringe ai box per l’intera stagione. Niente esordio in Serie A. E passo del gambero l’anno successivo, per ritrovare confidenza con il pallone e gli avversari, in prestito al Pisa. Sotto la Torre Pendente Varnier ricomincia da dove aveva lasciato, palesando doti da difensore letteralmente sovradimensionato per lo scenario in cui era ritornato. Peccato che certe volte, se la Fortuna è cieca, la sfiga ci veda benissimo. Questa volta a cedere è l’altro crociato, il sinistro. Morale della favola, passa due campionati in nerazzurro tra campo e infermeria, raccogliendo la miseria di 21 presenze. Veramente poche affinché il suo nome ricominciasse a circolare nei salotti della nobiltà calcistica. A quel punto, è dovuto andare al Como ed alla Spal per raccogliere continuità e minutaggio.
In ogni caso, è solo rientrando a Bergamo, sponda Under23, che dimostra finalmente di essere ancora il difensore dominante di un tempo. Forte in marcatura ed al contempo dotato di piedi assai educati. In situazione di uno vs uno non si lascia portare a spasso da nessuno che lo punti, azzardando il dribbling. Merce rara in un campionato incentrato su molti duelli individuali, come la Lega Pro. Inoltre, rompe la linea, aggredendo altissimo. E dote non trascurabile, lavora in fase di costruzione, guardando sempre avanti quando deve passarla. Arrischiando pure efficaci uscite in conduzione.
Dominante alla Juve Stabia
La scorsa estate il diesse della Juve Stabia, Matteo Lovisa, consapevole di concludere un affare vantaggioso, lo porta in gialloblù da svincolato. Il resto è storia recente. Varnier si ritaglia uno spazio prezioso nelle rotazioni di Guido Pagliuca, all’interno della difesa a 3 che decora la scenografia tattica scelta di volta in volta dall’allenatore toscano, con letture di gioco mai banali e la solita presenza negli interventi d’anticipo. Nel ritorno della semifinale playoff contro la Cremonese ha tenuto testa a Dennis Johnsen, uno degli attaccanti più imprevedibili del campionato. Quando si è trattato di difendere la porta, si è fatto trovare pronto, murandone le conclusioni; concentrato negli intercetti e applicato nell’accorciare la distanza se la punta andava incontro, mangiandosi praticamente il norvegese sui lanci lunghi.
Insomma, nel giro di pochi mesi è passato da svincolato a oggetto del desiderio. Perché un difensore con le sue caratteristiche in cadetteria è merce rara. Oggi il suo nome rimbalza nelle discussioni delle squadre che stanno programmando il campionato che verrà, con l’ambizione di puntare alla promozione. Una opzione che la Juve Stabia pare non voler affatto considerare. Quel che è certo, alle soglie dei 27 anni (li compie l’8 giugno), è pensabile Varnier possa avere ancora una bella carriera. E mettere nel mirino il ritorno in A. Del resto, per uno che ne ha passate tante come lui, sognare non costa niente.
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