Secondo una parte della critica il Napoli è imprigionato dalla presenza di Kevin De Bruyne. Una teoria che sta cominciando a dividere i tifosi, tra chi continua a considerarlo il colpo del mercato estivo, capace di garantire un sostanzioso upgrade in termini di carisma e abilità nei fondamentali. Rispetto a quelli che invece valutano illogica la scelta di Antonio Conte; ovvero, stravolgere un sistema di gioco collaudato (il 4-3-3), a favore di una struttura assai fluida, in grado di far coesistere il belga con i “tre tenori” del centrocampo: Lobotka, Anguissa e McTominmay.
Perciò chi ha provato a punzecchiare l’allenatore in conferenza, nel post gara di San Siro, ha ricevuto in cambio una risposta netta, quasi ruvida, che non lascia alcuno spazio a interpretazioni di sorta. E’ disposto anche a sacrificare le sue idee per tutelare gli interessi collettivi.
“Io mi auguro che De Bruyne si sia mostrato contrariato per il cambio a causa del risultato, perché in caso contrario ha trovato la persona sbagliata…”.
Calcio minimalista
Eppure che fosse proprio la posizione di KDB a definire come dovessero giocare i Campioni d’Italia sembrava lampante in tutta la sua realtà. Altro che equivoco tattico; l’idea nasce dalla volontà di avere un baricentro medio, e utilizzare al contempo un centrocampista da “falso esterno” a sinistra. Uno scenario che consente all’ex Manchester City di sdoppiarsi, abbassandosi nella trequarti difensiva per sfruttare intelligenza e visione d’insieme, così da innescare i compagni, sia sul corto (generalmente, dialogando con Lobotka), che sul lungo. Cioè, ribaltando il fronte, per stimolare la ricezione in ampiezza di Di Lorenzo. Magari il passo non sarà più quello dei bei tempi. Nondimeno, piedi educatissimi e letture non ordinarie convertono in forza questa sua (eventuale) debolezza.
Vero è che De Bruyne finora ha dispensato calcio con fare minimalista; gesti semplici ma essenziali per favorire la progressione dell’azione. Stop orientato e passaggi precisi al millimetro sintetizzano il suo stile solo apparentemente privo di intensità.
Il tecnico salentino vuole che non stia fermo nella zona di competenza, ma in occasione della prima costruzione lavori spalle alla porta, defilandosi lateralmente o allungandosi all’indietro, venendo dunque incontro al possessore. Evidente l’intenzione di attirare dietro di sé un avversario, creando di conseguenza un vuoto, una “zona franca”. Quindi, un movimento funzionale a generare spazio tra le linee ed alle spalle della mediana altrui, che deve essere aggredito da qualcun altro.
Certo, così viene meno al Napoli servirsi dell’uno contro uno come strategia offensiva…
Poca ampiezza, molta confusione
Senza due esterni che puntino immediatamente l’uomo, garantendo in maniera costante l’ampiezza, risulta poi difficile destrutturare la compattezza difensiva predisposta dagli avversari. Ieri sera, per esempio, Gutiérrez ha ricevuto esclusivamente in condizione statica. Allora, non avendo lo spunto necessario per rendersi immediatamente pericoloso, si limitava a tenere palla, con l’appoggio nel corridoio intermedio come unica giocata disponibile.
Ecco che solamente Politano non basta a determinare superiorità numerica e posizionale. Per cui gli azzurri mancano drammaticamente di qualità negli ultimi metri di campo. Non a caso, piazzando nel finale Neres il brasiliano ha dato l’energia che voleva Conte nell’unica modalità che conosce: incendiando la fascia, isolandosi contro Bartesaghi.
Equilibrio nei giudizi
In definitiva, il belga non ha nascosto il disappunto per la sostituzione al momento dell’uscita dal campo. In quella reazione emotiva così poco ermetica, però non inusuale per calciatori di quel livello, sempre vogliosi di essere protagonisti, si racchiude il senso del rapporto tra Conte ed i suoi uomini. Le esigenze della squadra innanzitutto. Pertanto, mai cambio fu più liberatorio. Ma se da questa sostituzione poi si deve mettere in discussione il valore di De Bruyne, veramente si è schiattato (sgonfiato, n.d.a.) il pallone!
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