foto Antimo Piccirillo

Inutile girare attorno all’argomento, il Napoli è affetto da una grave patologia. Evidente il mal di gol, che magari può spiegare il drastico calo nel rendimento subito dagli azzurri nelle ultime dieci partite: solo 17 i punti conquistati dalla squadra partenopea. Un bottino misero, per alimentare ambizioni e sogni di grandezza. Non a caso, l’Inter gliene ha mangiati ben 6, issandosi così in vetta alla classifica.

Assodato che il mercato di gennaio ha abbassato non di poco la qualità offensiva a disposizione di Conte. In effetti, la cessione di Kvaratskhelia ha sicuramente indebolito l’attacco. A peggiorare le cose, l’infortunio di Neres, un esterno baciato da talento talmente cristallino, che gli aveva offerto la possibilità di prendersi l’eredità del georgiano, nel momento in cui il numero 77 s’è fatto sedurre dai petrodollari parigini. Al brasiliano, che stava entrando con autorità nei meccanismi dell’allenatore, era bastato veramente poco per sentirsi in simbiosi con i compagni. Del resto, all’ombra del Vesuvio sembra aver vissuto già un paio di vite: l’artista del subentro, un fattore quando esce dalla panchina e con una manciata di minuti a disposizione spacca letteralmente in due la partita. Trasformatosi improvvisamente nell’astro emergente, che fa notizia con giocate mai ordinarie oppure scontate.

La sterilità negli ultimi sedici metri pareva parzialmente mitigata dal cambio modulo: il 3-5-2, infatti, ha consentito di riscoprire Raspadori, a suo agio da seconda punta pura. Ma destinato a tornare ai margini qualora l’Uomo del Salento dovesse affidarsi nuovamente al tridente, con gli esterni a garantire l’ampiezza e Lukaku a “fissare” la zona centrale.

Neres o Raspadori? Il mister riflette

Insomma, dopo qualche settimana di assenza trascorsa in infermeria, Neres potrebbe essere riaccolto alla stregua del figliol prodigo. Una salvifica iniezione di estro e qualità, in grado di superare gli avversari con passo leggero e inafferrabile, senza nemmeno indugiare troppo, grazie a finte ubriacanti e cambi di direzione mortiferi. Lecito, a quel punto, domandarsi che fine farà Raspadori.

Dopo mesi in cui era sempre più difficile trovare spazio nelle rotazioni, da qualche settimana Jack s’è preso letteralmente la scena. E pensare che a gennaio sembrava addirittura pronto a cambiare aria, non sapremo mai se scaricato dalla società o per scelta personale, funzionale a cercare poi altrove il minutaggio che in azzurro gli era inevitabilmente precluso. Ormai è tutta acqua passata. Le cose sono andate diversamente. Tramontata la possibilità di andare via, adesso quella porzione di campo sulla trequarti, che gli permette di smarcarsi tra le linee abbastanza lontano dal difensore, e poi connettersi nel mezzo spazio con la mezzala di riferimento, diventa ogni partita la sua comfort zone. A testimonianza della sua ritrovata creatività, ma anche di una mobilità senza palla, che gli garantisce di lavorare in funzione dei compagni per cucire la manovra, mantenendosi comunque lucido in fase di rifinitura e finalizzazione.

All’antico per dilatare gli spazi

Ci sarebbe un ultimo dettaglio da considerare. Ormai da quì a fine campionato, nell’arco di ogni singola partita, i palloni peseranno come macigni, e possono cambiare le cose nell’economia di un’intera stagione. Per cui il Napoli ha bisogno come un assetato nel deserto del miglior Lukaku. Per antonomasia, centravanti grande e grosso, che deve garantire determinate giocate. Cioè, difendere il pallone, e poi associarsi con i compagni, aggredendo l’area di rigore, a caccia dello spazio per buttarla dentro. In questa dimensione da muscolare bello tosto, Big Rom va a nozze. Un lusso sostenibile per la squadra, cosciente di avere là davanti una risorsa che si fa trovare puntuale all’appuntamento con il gol, quando più ce n’è bisogno. Nella speranza che il belga salti fuori tipo il coniglio dal cilindro del prestigiatore, e tolga le fatidiche castagne dal fuoco a Conte.

Perciò è presumibile che l’allenatore voglia trarre il massimo dei benefici dal suo centravanti, mettendolo nelle condizioni ideali per essere efficace nella trequarti altrui, affiancandogli Politano e Neres. Agli esterni il compito di isolarsi in situazione di uno vs uno, oppure innescare movimenti controintuitivi, funzionali a creare spazio, dilatando in ampiezza le distanze tra i difensori. E poi tagliando alle loro spalle. Nel frattempo che lo staff tecnico riflette sul futuro prossimo, valutando pro e contro dei vari scenari tattici, la sosta svuoterà Castelvolturno: sono 12 gli azzurri impegnati con le nazionali. Un altro fattore che peserà nella corsa al titolo.

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