Dopo 16 anni di attesa, arriva una conferma importante: la Corte d’appello di Roma ha ribadito la condanna per Francesco Bidognetti, boss del clan dei Casalesi, a un anno e sei mesi, e per Michele Santonastaso, avvocato del clan, a un anno e due mesi, per le minacce rivolte nel 2008 allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione. I fatti si verificarono durante un’udienza del processo d’appello “Spartacus”, a Napoli, quando venne letto un documento in aula che accusava apertamente i due giornalisti di essere responsabili morali delle condanne ai danni dei camorristi.
“Mi hanno rubato la vita – ha commentato Saviano –. Sedici anni di processo non sono una vittoria per nessuno. Ma oggi c’è una dimostrazione: la camorra ha paura dell’informazione. In quell’aula, per la prima volta, dei boss misero nel mirino non la politica, ma chi raccontava il potere criminale”.
Anche Rosaria Capacchione ha parlato di una lunga attesa carica di significato: “Questa sentenza è un punto fermo. Diciassette anni e mezzo di vita passati a pensare a quel documento letto in aula, al significato, alle ripercussioni. Un pezzo di vita che ha segnato l’esistenza professionale”.
La sentenza ha suscitato reazioni immediate anche dal mondo del giornalismo e della politica. La Fnsi, per voce della segretaria generale Alessandra Costante, ha chiesto di introdurre un’aggravante per chi minaccia i giornalisti, al pari di quanto già avviene per minacce a medici e infermieri. “Minacciare chi fa informazione deve avere un costo”, ha dichiarato, annunciando un’interlocuzione in corso con il ministero dell’Interno.
Numerosi i messaggi di solidarietà dal Partito Democratico. La senatrice Valeria Valente ha scritto: “Le mafie temono di essere raccontate. L’informazione libera è tra gli strumenti più potenti che la democrazia possiede”.
A lei si sono uniti Enza Rando, responsabile Legalità del PD, che ha espresso “vicinanza e gratitudine” a Saviano e Capacchione, e Walter Verini, componente della Commissione Giustizia e capogruppo in Commissione Antimafia: “Tenete duro, non siete soli contro le mafie”.
La sentenza, oltre a fare giurisprudenza, diventa così un atto simbolico: una ferma risposta dello Stato contro le intimidazioni mafiose e un riconoscimento per chi, con coraggio, ha continuato a raccontare verità scomode.