Il Napoli non sarà la squadra più spettacolare della Serie A. Prendere o lasciare, è il calcio con pochi fronzoli di Antonio Conte. Eppure, il cinismo e la concretezza palesati al cospetto della Juventus sono frutto della varietà di opzioni scovate dal salentino per sopperire alle numerose defezioni che ne hanno assottigliato la rosa. Un manuale nel fare di necessità virtù, vista la lucidità con cui il tecnico sta traendo il massimo profitto dalle caratteristiche dei suoi uomini.
Infatti, nelle ultime settimane Neres e Lang hanno dimostrato di poter riscrivere le gerarchie all’interno di un organico a caccia di una nuova identità tattica. Scelta imprescindibile per trovare un equilibrio che mantenesse il livello competitivo uguale alla concorrenza, alla luce delle difficoltà a trovare la via della rete, avendo perso subito Lukaku, e dopo De Bruyne. Urgeva inventarsi qualcosa affinché gran parte dell’onere offensivo non pesasse soltanto sulle spalle di Hojlund. La crescita della squadra da quand’è schierata col 3-4-3 si traduce nella maggiore imprevedibilità garantita dai movimenti a stringere degli esterni azzurri. Un impatto diretto sulle sorti delle partite, per cui oggi non sono più considerati oggetti misteriosi, ai margini delle rotazioni. Bensì, leader reali dei Campioni d’Italia, cui consegnare la palla nei frangenti caldi, nella speranza che possano ispirare i compagni; oppure mettersi in proprio per risolvere con una giocata virtuosa momenti complicati.
Neres a tratti ingiocabile
Ovviamente, il salto di qualità non riguarda solamente la continuità nel rendimento. Il fatto che l’allenatore chieda loro di non lavorare esclusivamente aperti alla massima ampiezza, defilati coi piedi sulla linea, ma dentro al campo, liberi di spostarsi tra le linee, interpretando, a seconda della disposizione avversaria, il ruolo di trequartista o addirittura seconda punta “pura”, pare averne sbloccato definitivamente il potenziale. Insomma, se i partenopei hanno ritrovato un mucchio di certezze in attacco, grossi meriti vanno ascritti alla capacità assicurata dal brasiliano e dall’olandese di sviluppare una fase di possesso assai dinamica, complicata da decodificare per qualsiasi reparto arretrato.

Anche al cospetto della Vecchia Signora, ogni volta che ricevevano, i difensori erano obbligati a drizzare le antenne e accendere l’attenzione, per assorbire i tagli alle spalle o le rapide transizioni: due situazioni specifiche che hanno reso Neres e Lang (specialmente nella prima frazione di gioco) un vero incubo per chiunque tra i bianconeri abbia tentato di fermarli. Testa alta e corsa leggera; una scarica di adrenalina, alla ricerca del cambio passo improvviso. Tanto è bastato non solo per lasciare il segno, grazie a dribbling pungenti ed eleganti, quanto nel rievocare quel senso di estetica trascendentale scolpito nella mente dei tifosi napoletani. Al pari di certe squadre del passato, idealizzate come quella del Comandante Sarri, o appaganti tipo il gruppo scudettato di Spalletti.
Nel primo tempo, Koopmeiners letteralmente bullizzato dal numero sette in maglia azzurra. Però a parziale giustificazione, gli va riconosciuta l’assoluta mancanza nel supportarlo di Cabal, che ha fatto una fatica del diavolo a raddoppiare il brasiliano. Non a caso, Spalletti l’ha lasciato nello spogliatoio all’intervallo, per inserire un attaccante di ruolo, tipo David, ridisegnando nella ripresa la Juve, schierandola con un classico tridente (Conceiçao, David, Yildiz). Così da obbligare i padroni di casa ad accettare la parità numerica. Da lì in poi è stato un crescendo continuo, fino al pareggio del turco.
Se ti distrai, gli azzurri ti puniscono

Paradossalmente, nell’attimo in cui Spalletti ha provato a vincerla, sostituendo Yildiz con Openda, affidandosi al modulo col doppio centravanti, il Napoli raddoppia. Ancora con Hojlund. Se riavvolgiamo il nastro della gara, la connessione tra il danese – cui piace accorciare a centrocampo per partecipare attivamente al possesso – e Neres in occasione del vantaggio appare semplicemente stordente per la retroguardia degli ospiti. Di natura, l’ex Ajax e Benfica rimane un offensive player innamorato del colpo a effetto. Tuttavia, sa quando può permetterselo: l’azione con cui prepara l’assist per il centravanti azzurro certifica l’abilità nell’uno vs uno. Oltre alla lettura visionaria dell’autore della doppietta, che aspetta lo sviluppo dell’isolamento in fascia, allontanandosi e immediatamente dopo rubando tempo e spazio a Kelly, raccogliendo il cross fronte alla porta, tagliando facilmente sul primo palo.
Hojlund, comunque, è uno specialista, dotato di grande intelligenza negli ultimi sedici metri; nonché mortifero in area di rigore se non lo marchi in modo asfissiante. Sa quando occorre fare un contromovimento per smarcarsi, tipo quello che arricchisce l’inizio azione del 2-1, con Di Lorenzo che si inserisce tra le linee e gestisce il pallone, trattandolo con la pulizia di una mezzala. E soprattutto, come prendere posizione nella zona del dischetto. Al punto che sull’ennesimo tracciante scagliato sul secondo palo dal brasiliano, il diciannove è sbalorditivo nella puntualità con cui arriva al tap-in.
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