La Polisportiva Capasso-Associazione Nazionale Carabinieri è stata ancora una volta teatro di un successo sportivo. Il Direttore Tecnico della sezione karate, Maestro Nicola Capasso, infatti, in collaborazione con lo CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale), uno dei principali Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, e con il patrocinio della FIJLAM, ha organizzato una gara di kata, kumite e parakarate, cui hanno partecipato alcuni tra i migliori atleti del panorama nazionale e internazionale, con profili provenienti pure da Malta e Turchia. Il Memorial porta il nome del fondatore della polisportiva, Ubaldo, titolare di una storia unica e forse irripetibile: creare un polo di attrazione per agonisti ed amatori nella zona di Casale di Principe.
In un contesto dove in tanti scelgono la strada della rinuncia ai propri sogni, lui decide di rimanere. E comincia a scrivere una pagina che vale davvero la pena raccontare, poiché l’ambizione di fare qualcosa di utile per il suo territorio non si ferma con la sua morte. Anzi, viene ereditata dal figlio Nicola, un uomo allergico ai riflettori, che preferisce lavorare nell’ombra piuttosto di pavoneggiarsi sui vari social. Il “Memorial Ubaldo Capasso”, quindi, rappresenta l’ennesimo capolavoro organizzativo di una dinastia familiare. Non a caso, si nota una emozione sincera, abbinata a una evidente riconoscenza, mentre ricordail padre.
“Mi vengono i brividi se penso dove siamo arrivati. Mio padre è stato un pioniere; aveva iniziato la pratica a Pomezia, dove si trovava per lavoro, quindi ha aperto la prima palestra a Casal di Principe. Trasmettendo poi questa passione a tutta la famiglia, contagiando prima i miei fratelli ed il sottoscritto. Dopo io l’ho trasferita ai miei figli, Elisa e Ubaldo junior. Lo ringrazio per quanto mi hai insegnato, per l’onestà e la serietà che mi ha trasmesso nel lavoro. L’uomo che ha costruito tutto questo è mio padre. Se oggi esiste la polisportiva è merito suo…”.
“Artigiano” del tatami
Nicola resta un tecnico “di campo”, ovvero, maggiormente a suo agio sul tatami, che calpesta con la medesima passione degli inizi della carriera, quando era normale fare e non apparire. Anche perché, poi, la differenza fra un karateka mediocre e uno di valore passa dallo spirito di sacrificio. Nonché, dalla serietà con cui ci si approccia alla pratica, consapevole che i rapporti umani siano un valore da preservare. Dunque, stabilisce con i suoi allievi (e le loro famiglie) un legame profondo e duraturo, per cercare di capirne carattere e personalità. Investendo tempo e pazienza. Perciò la sua mano si vede abbastanza velocemente. Una sorta di metodo che gli consente di mettere in bacheca molte medaglie con i suoi atleti.
“Ci vuole artigianalità in questo mestiere, se lo si intende fare alla vecchia maniera. Però, non mi sentirete mai accreditarmi nessun merito: non lo ha mai fatto e mai lo farò. Preferisco rimanere defilato, lontano dai riflettori. Lascio volentieri la scena ai miei atleti…”.
Insomma, quello che apparentemente sembra un processo naturale, una forza di gravità che permette a determinati atleti di essere attratti costantemente dai tre gradini del podio, in realtà è frutto dell’operato di persone che hanno idee lungimiranti. Ecco in sostanza chi è Nicola Capasso. Qualcuno dirà sbrigativamente che è simbolo di un karate che non esiste più: un “maestro” di altri tempi, come il papa. Nell’epoca mediatica per antonomasia, i personaggi come lui restano dietro le quinte, assolutamente legati ad un altro modo di insegnare, lontano dallo scoprire e coltivare il talento come se fosse una catena di montaggio. In effetti, è uno che conduce il suo lavoro con grande efficacia – cioè, al di là delle semplificazioni sensazionalistiche, valorizzando al massimo le qualità dei suoi ragazzi e ragazze – alla stregua di un artigiano.
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