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Ogni qual volta il Napoli perde una partita, tra l’altro, in malo modo, cioè palesando poca energia e assoluta mancanza di lucidità, si ripresenta puntuale come la cartella esattoriale una “questione Conte“. Probabilmente la squadra partenopea non regge il doppio impegno, per cui alla solita infausta prestazione infrasettimanale, che complica decisamente la possibilità di scavallare la “fase-campionato” della Champions, aggravando inoltre la già pessima reputazione europea del tecnico, ha fatto seguito la medesima prestazione contro l’Udinese. Il dibattito attorno al titolare della panchina azzurra diventa dunque un affare di Stato, destabilizzando i suoi sostenitori ed al contempo indignando quelli che lo considerano strapagato, oltre che sopravvalutato.

Trascurando un aspetto cruciale della diatriba, cioè che la società spalleggia in toto l’allenatore, dopo la sfida del Bluenergy Stadium la frattura tra Contiani e antiContiani sta assumendo dimensioni impensabili. A rendere bene quanto sia velenosa l’aria che tira all’ombra del Vesuvio nei giorni che precedono la Supercoppa, una stucchevole levata di scudi dei soliti commentatori, culminata in attacchi plateali veicolati attraverso emittenti televisive e frequenze radio. A dare man forte a questa parte dell’opinione pubblica, anche qualche ex calciatore, con un illustre passato (alle spalle…). Senza badare troppo all’etichetta, chi più chi meno, tutti hanno sciorinato il solito repertorio di considerazioni personalissime, spacciate per sentenze inappellabili, se non addirittura dogmi incontrovertibili.

Nondimeno, nessuno ha messo sul piatto della bilancia un buon numero di illustri infortunati, oppure il fatto che ormai le rotazioni siano ridotte davvero al lumicino. A quel punto, allora, si potevano comprendere quali e quanti problemi stia provando a risolvere l’Uomo del Salento. Ovvio che non è responsabilità dei media locali se nelle ultime due uscite del Napoli approccio e intensità siano stati assai discutibili. Magari pure latitanti. Perciò la trasferta in Arabia Saudita arriva in un momento delicato.

Come andrà a finire la vicenda? Difficile prevederlo. La sconfitta col Benfica rende un enigma insolubile il prosieguo del cammino internazionale. Saranno anche paradossali sfumature, però oggi la Coppa dalle Grandi Orecchie rappresenta l’ostacolo più grosso alle idee di Conte rispetto alle aspirazioni presidenziali. Con De Laurentiis fortemente intenzionato ad accomodarsi al tavolo dell’aristocrazia calcistica continentale da protagonista piuttosto che in qualità di comprimario, mentre le energie dell’allenatore sembrano tutte assorbite dalla fame di confermarsi estremamente competitivo in Serie A. In questo scenario, proprio la Final Four di Riyadh potrebbe essere il palcoscenico ideale per rispondere alle polemiche sul campo, traducendo la frustrazione in voglia di riscossa. Conquistando un risultato sul piano sportivo tale da produrre i suoi effetti pure in termini di rinnovata visibilità al di fuori dei confini italiani. Garantendo al club quel vantaggioso ritorno di immagine che tanto piace alle mire espansionistiche della proprietà. D’altronde, un mucchio di imprenditori della pedata guardano con attenzione al Medio Oriente, visto il boom generato dai petrodollari della Saudi Pro League.

Finora il gioco di posizione, vero inno al collettivismo ideologico, ha tirato fuori il Napoli nelle occasioni in cui era finito spalle al muro. Forse non convincerà gli esteti, che preferiscono un’interpretazione più divertente del gioco. Peccato i bilanci si tirino al termine della stagione, mai in corso d’opera. Non si tratta di riconoscenza, ma solo di buonsenso. Perché se le cose dovessero andare per il verso giusto, tentare di riconciliarsi con il tecnico dopo averlo ricoperto di fango sarebbe poi complicato.

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