Gabriele Gravina cade per l’ennesima volta in piedi. Come al solito, il presidente federale trova il classico capro espiatorio, scaricando senza ritegno Luciano Spalletti, che stasera si accomoda comunque in panchina. Ma poi lascerà l’incarico. Il numero uno della Figc dunque non guarda in faccia a nessuno, insensibile alle numerose attenuanti, che avrebbero potuto ridurre le colpe imputabili all’Uomo del Salento. In particolare, quando gioca l’Italia, alla fine di una stagione lunghissima e logorante, il trend mediatico è sempre lo stesso: il commissario tecnico ha la coperta corta. Perciò, contro la Moldavia, tra calciatori stanchi e qualche infortunio di troppo (trascurando chi rifiuta la convocazione a causa di vecchi screzi e incomprensioni personali), non prosegue certamente bene l’avventura in vista delle qualificazioni al Mondiale 2026. Un appuntamento da non fallire assolutamente. Anche passando per la porta di servizio degli spareggi. Innegabile che l’impalcatura dell’intero “Sistema-calcio” rischi davvero di implodere se la Nazionale fallisse per la terza volta di fila l’accesso alla manifestazione. In effetti, dopo l’imbarcata presa a Oslo, diventa quasi un’impresa titanica pensare di strappare il pass direttamente. Meglio concentrarsi sullo scenario alternativo, cioè, i playoff. Chiaramente, bisogna cominciare a incamerare punti: fare gol e non prenderne una catasta. Impresa a dir poco complicata, se torniamo per un attimo con la mente alla trasferta norvegese.

Il fatto che sia andata subito in affanno, nonostante le statistiche sulla percentuale di possesso, almeno nella frazione iniziale del primo tempo, ne gratifichino il palleggio, non fotografa appieno la miriade di problemi manifestati dall’Italia al cospetto della Norvegia. Così tanti, ed in ogni reparto, da non capire veramente dove intervenire per venirne a capo. Specialmente in difesa, confermato il modulo 3-5-2 (o 3-5-1-1, che dir si voglia), Spalletti fa quasi fatica a trovare tre centrali da mandare in campo. Per contrastare il temuto tridente composto da Haaland, Sørloth, ed un indiavolato Nusa, ha adattato Di Lorenzo da braccetto, affiancandogli il debuttante Coppola, e l’inaffidabile Bastoni di questo periodo. Per cui gli Azzurri hanno tentato di aggrapparsi alla forza del gruppo, con l’evidente intenzione di buttare il cuore oltre l’ostacolo. E’ bastato che i norvegesi spingessero sull’acceleratore per vedere la Nazionale vacillare, sbandando fino a perdere quasi del tutto l’equilibrio. Ci si aspettava una reazione, ma non è mai arrivata. Col senno di poi, tatticamente, visto l’andazzo, forse era legittimo chiudersi dietro, consapevoli che in questo momento, meglio controllare gli spazi piuttosto di provare a dominare la gara col palleggio.

Preoccupa la sterilità offensiva; nemmeno lo straccio di un tiro in porta, se si escludono la conclusione velleitaria di Raspadori, alta sulla trasversale, nella prima frazione di gioco. Oppure la debole girata di testa di Lucca a dieci minuti dalla fine. Insomma, azioni pericolose messe a referto, praticamente nessuna. Un briciolo di imprevedibilità l’ha portato solo Orsolini. Senza dimenticare la scelta di consegnare, di fatto, agli avversari l’isolatissimo Retegui, stimolato con lanci lunghi, buoni per favorire esclusivamente la riconquista dei difensori. Ad aggravare una situazione già drammatica, il ritmo da dopolavoro tenuto da Rovella e Barella. Costantemente mal posizionati, i centrocampisti azzurri; inadeguati nel leggere i tagli di Nusa e le imbucate in verticale dietro le loro spalle. Nonché incapaci di sostenere la manovra alzando l’intensità del giropalla.

Dulcis in fundo, le voci ormai non più vaghe circa l’esonero del c.t., ritenuto dalla stragrande maggioranza della critica inadatto a fare il selezionatore. Un ruolo agli antipodi con i solidi princìpi lavorativi di Spalletti, tradizionalmente a suo agio se può spendere molto tempo in campo. Ma a disagio nello scegliere calciatori allenati da altri. La sua filosofia va coltivata ogni giorno per plasmare una squadra che ne rispecchi le idee. Allora, la gestione della quotidianità smarrita diventa il fattore decisivo per comprendere le difficoltà dei convocati, costretti poi a calarsi in un sistema funzionale a sviluppare le catene esterne o le connessioni tra mezzali e attaccanti: skill che necessitano di sincronismi perfetti. Ora rimbalzano i nomi di Ranieri e Pioli, opzioni logiche, considerando le circostanze. Urge un profilo di spessore e personalità, che si cali immediatamente nella realtà, per rinvigorire un gruppo con il morale a terra. Recuperarlo psicologicamente dopo la batosta all’Ullevaal Stadion, affinché il ciclo di questa Italia non si chiuda prematuramente, con l’ennesima delusione mondiale. Nel frattempo, occhio alla Moldavia. Ed un applauso a Gravina, bravo come nessun altro a rifuggire dalle sue responsabilità.

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