Al netto degli inguaribili ottimisti, che sperano nelle capacità terapeutiche di Rino Gattuso per invertire un trend decisamente negativo, appare evidente che la nomina dell’ex Milan e Napoli come nuovo commissario tecnico rappresenti un bel salto nel buio. Un segnale preoccupante se le sorti di un’Italia sempre più sgangherata debbano essere affidate a un allenatore che ovunque sia stato, non ha mai suscitato grandissimi entusiasmi sul piano del gioco. Carattere indomito e attaccamento alla maglia azzurra non sono affatto in discussione. Ma è onestamente impensabile tirarsi fuori dalla crisi ormai irreversibile che attanaglia la Nazionale con “il veleno” e “l’odore della paura”, capisaldi di una retorica sin troppo abusata da Ringhio. Ferocemente avvinghiato al personaggio che s’è costruito in tutti questi anni, nella precedente vita da calciatore. Manco il requisito principale per dimostrare attitudine alla panchina fosse strettamente connessa ad un passato glorioso in mezzo al campo.

Insomma, se la ritrosia a puntare su un profilo già in organico al Settore Squadre Nazionali, tipo il promettente Carmine Nunziata, sembra giustificata dalla drammaticità del momento, lo scetticismo che avvolge Gattuso, al di là della simpatia che suscita per la sua innegabile schiettezza, rappresenta un reale campanello d’allarme. Perché significa che la Serie A ha fagocitato i suoi migliori allenatori sull’altare del conservatorismo più bieco.

Allora, meglio andare sul sicuro e rispolverare uno dei mitici eroi del Mondiale 2006, piuttosto che azzardare una strategia alternativa, scommettendo su un tecnico con una precisa idea di calcio. Senza alcun dubbio, il “manico” dell’Under21 sarebbe stata una mossa affascinante, nonostante non possa contare sull’impatto mediatico assicurato dal carisma, nonché dalla comunicazione a tratti debordante, di Gattuso. Che sicuramente è in grado di rimettere in sesto un gruppo senz’anima con la forza dell’esempio, attraverso una determinazione forse ineguagliabile nell’attuale generazione di potenziali convocabili. Però rimane limitato sul piano squisitamente tecnico-tattico. Magari riuscirà a salvare l’Italia dal tracollo nelle qualificazioni mondiali, grazie a una gestione emotiva improntata a lacrime e sangue. Nondimeno, la lungimiranza (qualità di cui il presidente federale è totalmente sprovvisto…) suggeriva una scelta di rottura. Orientata cioè alla rinascita, anche non immediata, bensì progettata a medio/lungo termine.

Invece Gravina, con il fallimento di Spalletti ancora caldo ed una FIGC in perenne stato confusionale, ha abiurato qualsiasi volontà di dar vita ad un concreto cambiamento. Nella speranza che l’icona Gattuso sia sufficiente per traghettare la Nazionale almeno ai playoff. Ecco, il timore di mancare per la terza volta consecutiva il Mondiale certifica l’involuzione del “Sistema-calcio”. A rendere lo scenario veramente desolante, lo strenuo tentativo di convincere Ranieri, che aveva annunciato il suo ritiro dall’attività a fine stagione (e non dimentichiamolo mai, prossimo ai 74 anni…), ad accettare il doppio incarico di c.t. e consulente tecnico della Roma: ennesima testimonianza della pochezza di programmazione in seno alla federazione. Oltre al fatto che scarseggino nomi spendibili nel proporre un calcio diverso, fatto di qualità nell’uno contro uno, voglia di aggredire alti e pressare con intensità, a caccia di una rapida riconquista del pallone. Non a caso, chi lavora così (per esempio, De Zerbi, Maresca, Farioli) preferisce allenare fuori dagli italici confini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 LEGGI ANCHE:

Il Napoli tiene d’occhio Ambrosino, in rampa di lancio all’Europeo U21

Please follow and like us:
Pin Share
Facebook
YouTube