La bellezza del karate è tutta racchiusa nei sentimenti sospesi che produce il tatami. Ne sono pienamente consapevoli gli Azzurri della FIJLKAM, che ai Campionati Europei hanno dimostrato a suon di medaglie come la meraviglia possa avere il sopravvento sul calcolo. L’Italia lascia una traccia indelebile sulla manifestazione di Yerevan, incorniciando un bilancio di 12 podi totali tra karate (8) e parakarate (4). Prima come numero complessivo di medaglie conquistate, e seconda nel medagliere, dietro soltanto alla Germania, che vanta un oro in più. Considerando però che i medaglieri sono divisi tra karate e parakarate, specialità in cui si contano l’oro di Mattia Allesina ed i bronzi di Federica Yakymashko, Pietro Merlo e Patrick Buwalda.

A raccontarci cosa ci vuole per costruire una spedizione vincente provvede il preparatore atletico dell’Italia, Francesco Baldassarre, che ha contribuito ha rendere unico e speciale il lavoro di staff tecnico e karateka.

Al di là dei valori tecnici, che sono comunque altissimi, certamente ha contribuito l’ottimo ambiente creato in seno alla Nazionale, dalla Direzione Tecnica e dagli allenatori. Alla base c’è una selezione oculata ed obiettiva dei convocati, grazie pure all’ottimo lavoro svolto nei club, non solo quelli militari. Spesso però si trascurano gli aspetti extra-tatami; la capacità di mettere subito a proprio agio gli atleti, specialmente quando sono forzatamente obbligati a convivere in ritiro. Là si forma la mentalità, creando un ambiente propositivo; coinvolgendo i nuovi, dentro e fuori il tatami, in contesti diversi dagli allenamenti. Facile abusare del termine gruppo. Ma l’empatia era palpabile. Anche la comunicazione, il momento in cui magari lo staff tecnico ha dovuto comunicare decisioni talvolta scomode, che fanno male per un atleta, non è mai mancato il giusto peso dato alla persona…”.

L’Italia torna a casa con un ricco bottino: 3 ori, 2 argenti e 7 bronzi, tra individuali e squadre. Cifre che inebriano i sensi, e confermano la competitività ai massimi livelli di questo gruppo. In Armenia, dunque, gli atleti di kata, kumite e parakate hanno visto compiersi il loro destino, così agognato perché frutto di lavoro duro. Che non deve sorprende più di tanto: inaspettati e imprevedibili sono solamente i risultati occasionali. Mentre gli uomini e le donne della Nazionale hanno programmato il torneo continentale con certosina applicazione, inseguendo con feroce determinazione ogni singolo punto messo in gara.

Siamo contenti e soddisfatti, perché nonostante il livello cresca ogni anno, siamo riusciti a riconfermarci in alcune specialità, bissando per esempio l’oro a squadre maschile. Non ci sono formule magiche; bensì è tutto frutto della cultura del lavoro. Stiamo esplorando nuove metodologie di allenamento, innovati criteri di attivazione, ad alta intensità, funzionali poi ad avere immediatamente prestativi gli atleti al momento della gara. In tal senso, anche programmare collaborazioni con il mondo universitario, già calendarizzate nel prossimo futuro, ci potrà permettere di essere ancora tra le prime nazionali in Europa. Personalmente, ho avuto l’impressione che quando gli avversari vedano il sorteggio, poi gli scappi sempre lo stesso commento. Ovvero, oggi è complicato, abbiamo pescato un italiano!”.

Nel kata il poker è doveroso

Nel kata, l’Italia è sempre stata sinonimo di identità tecnica e grandissima affidabilità. Del resto, nel ritorno dall’Armenia mette in valigia 4 medaglie su 4, ciascuna con un sapore diverso. Una credibilità confermata nell’individuale maschile dal bronzo di Alessio Ghinami: stile inconfondibile e livrea elegante. Il pezzo forte, tuttavia, è stata l’armonia delle linee tracciate da Terryana D’Onofrio: le sue esecuzioni sopraffine hanno inciso davvero una traccia profonda sulla storia di questo europeo. L’oro ne certifica la leadership assoluta tra le donne.

Le medaglie a squadre lasciano ben sperare per il futuro, significa che ci muoviamo nel solco di una tradizione radicata: il giusto mix tra atleti giovani e più maturi, che determinano quel circolo vizioso, in termini di energia positiva, per cui ciascuno spinge gli altri su livelli massimi. Per quanto riguarda Terryana, raccoglie i frutti di quanto seminato finora, riportando un titolo europeo in Italia dopo ben undici anni. Ormai i suoi sono standard altissimi. Considerando il periodo storico, oggi non deve spaventare l’ipotesi che possa aprire un ciclo, mettendosi alle spalle avversarie del calibro della turca Dilana Bozar o della spagnola Paola Garcia Lozano. Lo stesso Alessio ha vinto il bronzo con un punteggio più alto rispetto a chi poi s’è aggiudicato l’oro…”.

Commovente fino a togliere il fiato lo slancio delle squadre, maschile e femminile, neuroni e muscoli protesi a caccia di una medaglia, senza nessun calcolo empirico. La loro precisione ha rischiato di far perdere il lume della ragione a molti avversari, collocandole rispettivamente come seconda, oppure terza forza della rassegna, con distacchi comunque minimi rispetto alla concorrenza. Sintomo di un livellamento – chiaramente verso l’alto -, dove a fare a differenza sono veramente piccolissimi particolari. I ragazzi (Mattia Busato, Gianluca Gallo e Alessandro Iodice), costretti a cedere di pochissimo alla Spagna (42.7 a 42.4). Dopo che tutte le eliminatorie erano state disputate da Orsola D’Onofrio, assieme a Michela Rizzo e Elena Roversi, per la finalissima è “rientrata” in squadra Terryana D’Onofrio, che da neocampionessa europea individuale, ha innalzato ulteriormente il livello della prestazione azzurra. Non a caso, le ragazze hanno superato nettamente la Turchia.

Il kumite si conferma d’oro

Nel kumite, ovvero il combattimento a contatto controllato, il tatami difficilmente inganna: lassù niente è scritto in anticipo. Lo sa bene Matteo Avanzini (+84 kg), che attraverso i ripescaggi, s’è preso il bronzo, contro il bosniaco Bostandzic. Qualcuna, tipo Erminia Perfetto (-50 kg), al contrario, ha dovuto fare i conti con le bizze del caso, subendo negli ultimi secondi la rimonta della campionessa in carica, la croata Sgardelli, che le è costata l’oro proprio sul filo di lana. Impossibile confortarla, tantomeno immedesimarmi nel silenzio gravido di emozioni che l’hanno lasciata impietrita. Magari, messa al collo il secondo argento europeo consecutivo, può tranquillizzarla un unico pensiero: talvolta pure i grandi cadono.

Se Avanzini ormai è una sicurezza, pur essendo un giovane combattente, vorrei rimarcare la personalità di Erminia, che ha pagato carissimo una caduta accidentale, convertita in punto vincente dalla Sgardelli. Ma anche qualche piccolo errore nelle decisioni arbitrali, nonostante la film review. Per esempio, in semifinale donne, c’era un calcio jodan della Semeraro andato a segno: si vede chiaramente l’avversaria prendersi la tecnica, arrivando in notevole ritardo con la parata. Eppure, gli arbitri non l’hanno segnalata. Purtroppo, avevamo già speso la chiamata video. E forse là ci siamo giocati la finalissima a squadre femminili. Ma il nostro è uno sport situazionale, per cui bisogna contemplare anche l’errore…”.

Uno stato d’animo che invece non ha provato il team maschile (composto da Angelo Crescenzo, Luca Maresca, Daniele De Vivo, Matteo Fiore, Michele Martina, Matteo Avanzini e Simone Marino), chiamato a difendere il titolo. E capace di confermarsi sul tetto d’Europa, in una finalissima fotocopia dell’edizione 2024 contro la Croazia. D’altronde, anche il team femminile (Silvia Semeraro, Clio Ferracuti, Veronica Brunori, Viola Lallo e Sofia Ferrarini) ha dato vita ad una “finalina” combattutissima. Effettivamente, la perfetta parità con l’Austria imponeva un match di spareggio. Allora è toccato nuovamente alla Ferracuti “battezzare” il bronzo, mettendo a bersaglio un preciso calcio chudan.

Vincere due ori continentali di fila è veramente difficile. Noi non ci eravamo mai riusciti in passato, nemmeno quando per ogni categoria di peso, gli azzurri dominavano la scena nell’individuale. Segno che abbiamo una squadra molto forte, compatta e matura. In grado di essere competitiva subito. Ma con un occhio ai ricambi in ottica futura. In tal senso, mi preme sottolineare che gente del calibro di Martina o Marino hanno tirato solo a squadre: segno che non ci sono distinzioni tra presunti titolari e potenziali seconde scelte. Ma un unico gruppo granitico, che mette in disparte l’egocentrismo personale per un bene superiore e comune…”.

Un futuro radioso

A completare una trasferta ricca di soddisfazioni, le conclusioni di Baldassarre sono incentrate tutte sul prossimo futuro. Con una certezza granitica: queste medaglie sono l’apice di un lavoro su larga scala, che non si esaurisce mica al Campionato Europeo.

Era importante dare continuità ai risultati. Anche i due quinti posti, di Silvia Semeraro (-68 kg) e Daniele De Vivo (-75 kg), testimoniano la forza complessiva del nostro movimento. La Direzione Tecnica è stata brava a non essere mai ossessiva; lontanissime le tensioni interne o i malumori. L’ambiente di lavoro consente di annullare eventuali disparità tra atleti militari e civili; nonché tra senatori e esordienti. Ovviamente, non ci crogioliamo. Appena rientrati, ci siamo rimessi prontamente al lavoro in vista del prossimo impegno: la Premier League di Rabat in programma a fine mese. Fondamentale poiché rappresenta l’ultima tappa per raccogliere preziosi punti ranking per la qualificazione ai Mondiali di novembre!”.

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