Luigi Vitulano non è semplicemente il direttore tecnico di una delle società di karate FIJLKAM più prestigiose, l’ASD Ever Green Boscoreale. Il suo essere Maestro è una questione di forma ed equilibrio. Parte sempre dal materiale umano – gli allievi -, e dalla didattica. Poiché esistono innumerevoli proposte di allenamento, ciascuna con contenuti condivisibili o meno. Nondimeno, affinché il lavoro sia efficace e produttivo bisogna spingersi oltre; essere consapevoli che se pretendi tanto, devi essere pronto poi a dare tutto. Non soltanto sul tatami. Una logica elementare, quella del dare prim’ancora di ricevere, che determina un imprinting fortissimo: essere esigente, in primis con sé stesso. Sarà anche una mentalità un po’ vetusta, gettare il seme per veder germogliare una idea. Ma il valore di un insegnamento funzionale a canalizzare energie fisiche e nervose nella giusta direzione è tipico di chi fa il professore.
“Prendiamo per esempio proprio il karate: ad eccezione di pochi professionisti, in forza ai Gruppi Sportivi Militari, resta uno sport dilettantistico. E come tale andrebbe interpretato. Funzionale, cioè, a coltivare la passione, senza però trasformarla in una ossessione. In sostanza, un modello educativo reale, simile per tanti versi alla scuola. Perché si basa su un’analisi di partenza. Poi si sviluppa attraverso programmi differenziati e proposte tese al miglioramento di tutti. Anche quelli che hanno abilità inizialmente meno evolute. Il concetto stesso delle varie cinture colorate implica maggiori o minori competenze, che vanno acquisite col tempo, in virtù di costante applicazione e lavoro in palestra”.
Del resto, Vitulano insegna in una scuola Media. Perciò è abituato a progettare soluzioni finalizzate al raggiungimento di obiettivi determinati, operando in contesti spesso difficili. E comunque mai omogenei. Con lo scopo di favorire l’autostima ed il miglioramento personale. Insomma, educatore e tecnico talvolta si confondono, stratificandosi; finendo quasi per sovrapporre o confondere emotivamente i ruoli.
“Lo sport in generale è uno dei motori principali per favorire la serenità dei ragazzi. Ovviamente, l’aspetto agonistico non deve prevaricare su quello educativo. Inoltre, bisogna rispettare i tempi di crescita, senza schiacciare sull’acceleratore della precoce specializzazione. Sembrerà paradossale, eppure, in un momento storico in cui i genitori hanno poco tempo da dedicare all’educazione, il concetto di sconfitta riesce a conciliare varie dinamiche. Ma tutte devono essere prive di inutili egoismi. Del resto, chi non è capace di accettare con il giusto equilibrio una sconfitta, finisce per far prevalere l’egocentrismo, che c’entra poco col concetto di sport in generale, e disciplina marziale”.
Mai stravolgere le scelte
Lo sa bene il figlio Gennaro quanto sia complicato gestire la situazione, definendo priorità e target da inseguire. Pur essendo un discreto agonista, non ha puntato tutto sul karate, anche se un paio di chiamate seduttive da parte di qualche Gruppo Sportivo era arrivata. Sul piatto della bilancia ha posizionato, da un lato, cosa fosse disposto a sacrificare, se non addirittura a perdere, per conquistare una medaglia. Dall’altro, la crescita extra-sportiva; mettendo al primo posto un’assicurazione sul futuro. Eppure, le soddisfazioni non mancano. Negli ultimi quattro anni ha trionfato al Campionato Nazionale Universitario, collezionando 4 ori consecutivi con il CUS Napoli, nella specialità del kumite 75 kg (combattimento a contatto controllato, n.d.a.), dimostrando quanto impegno e dedizione ci sia dietro ogni atleta che sceglie di investire su sé stesso e la propria formazione. Al netto dei grandi cambiamenti imposti alla sua routine, Gennaro mantiene comunque livelli prestativi altissimi. A testimoniarlo, l’argento agli Assoluti, battuto solo in finale da Lorenzo Pietromarchi. Peccato che fino a 27” dal termine, l’incontro fosse in parità (1-1): a decidere in favore del Carabiniere una decisione arbitrale magari discutibile.
“Mi sono trovato nella scomoda posizione di genitore ed al contempo Maestro. In entrambi i ruoli, il mio compito era quello di non stravolgere le scelte di mio figlio. Il discorso, però, è più ampio e complesso: l’agonismo sta accelerando in maniera indemoniata; quasi ogni mese il calendario nazionale o internazionale prevede una gara. Circostanza che impone di investire soldi e sottrarre tempo da dedicare allo studio, rallentando così il percorso formativo. In questo scenario, riuscire a conciliare le cose diventa assai complicato. Per cui, il karate rimane una grandissima valvola di sfogo, che finora ha garantito a Gennaro la possibilità di coltivare comunque la propria passione, ma senza pretese di professionismo. Insomma, rimanendo nell’alveo del dilettantismo. Togliendosi pure qualche bella soddisfazione sui tappeti di gara”.
Sacrificio e senso di responsabilità
Bisogna avere un’ambizione feroce per compiere scelte radicali, altrimenti la sola passione non basta. E il sacrificio non vale il tempo investito. In tal senso, però, provvede l’equilibrio del Maestro Vitulano a indicare la retta via, per cui l’obiettivo è fare il meglio possibile. Una filosofia che si riflette poi sui livelli prestativi. Così, ammesso che essere tra i migliori si misuri in numeri e risultati, Gennaro Ingenito ha evitato di trasformare l’ambizione in ossessione quasi patologica. E quel sogno che aveva da bambino comincia ad assomigliare sempre di più alla realtà, visto l’elenco già corposo dei successi nella categoria Under21 (-75 kg). I risultati maturati negli ultimi mesi accendono una luce speciale sul suo talento, sempre riconoscibile per la spettacolarità delle tecniche e il ritmo ipercinetico dei combattimenti, che hanno accompagnato l’oro all’Open League di Riccione e gli argenti al Campionato Italiano U21, nonché alla Youth League di Poreč, in Croazia.
“In Croazia ha fatto veramente bene, battuto solo in finale dall’ucraino Pitsul, che occupa le primissime posizioni del ranking WKF. Ma Gennaro non è nuovo a questo tipo di exploit. Pur avendo pagato un po’ il passaggio da Juniores a U21, che significa subire il dimezzamento dei punti conquistati nella categoria precedente. Lui conosce la cultura del lavoro. E’ abituato a sacrificarsi in funzione di un obiettivo. L’estate lavora in uno stabilimento di conserve di pomodori. Inoltre, nel week-end non è raro che faccia l’extra in qualche ristorante. Insomma, sul tatami dà soddisfazioni. Ma fuori dimostra di essere davvero un uomo responsabile”.
Determinazione e niente coccole
Per il karate di Vitulano non si tratta solamente di numeri. Podi e medaglie sono il riscontro di modelli metodologici e di costruzione del talento fatti con tutti i crismi e senza alcuna approssimazione. Prendiamo il caso di Ciro Marino (categoria Cadetti). La differenza d’età con i compagni di tatami potrebbe apparire un ostacolo, aumentando il gap rispetto ai più titolati della Ever Green. Invece il ragazzino non palesa alcuna difficoltà nello scambiare con loro. E chi pensa che attorno gli abbiano creato una corazza impenetrabile, trascura un piccolo particolare: l’esigenza di proteggerlo non ne ha sminuito la feroce determinazione. Giusto, quindi, celebrarne l’argento all’Open League di Busto Arsizio, il bronzo alla Youth League di Guadalajara, in Spagna. Oltre all’oro al campionato Italiano Giovanile a squadre, in prestito alla Champion Center-La Scampa che Vince.
“Ciro è tra i più piccoli, anche fisicamente. Eppure, al cospetto dei suoi 50 kg, è sempre determinato. Non si tira mai indietro. Anche quando deve scambiare con Ingenito o mio figlio Gennaro. Niente coccole da parte loro. Il coraggio dunque non gli manca, tantomeno la voglia di emulare i compagni. D’altronde, l’apprendimento per imitazione rimane un ottimo strumento metodologico, per crescere e imparare. Specialmente quando tiri contro avversari che preparano la tecnica e dopo la eseguono a velocità reale, per entrare e fare punto”.
In definitiva, fatica e identità raccontano il senso di Vitulano per l’insegnamento, perché come il più classico dei professori, quelli che ispirano veramente, anche nello sport, contribuiscono a definire la personalità altrui. Lasciando una traccia profonda, che vale oltre i primati in classifica.
“Personalmente, credo che il senso dell’insegnamento stia tutto nella coerenza dei propri comportamenti; un valore imprescindibile da trasmettere. La passione che metti nel lavoro viene avvertita, dai discenti a scuola, oppure dagli allievi sul tatami. E produce stima. Specialmente quando comprendono che quello che fai mira al raggiungimento dei loro interessi, piuttosto che alla realizzazione personale”.
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