Massimo Portoghese ha dimostrato di essere uno dei Maestri più vincenti del karate FIJLKAM negli ultimi anni, collezionando podi vari e assortiti, a livello nazionale e internazionale, con la Champion Center.

Amo la progettualità, sono fortemente convinto si possa lavorare bene con atleti che hanno delle prospettive di crescita, magari anche non immediate. Lavorando sui dettagli è possibile scovare il talento. Ovvio che non tutti poi diventeranno profili di altissimo livello prestativo. Ma se segui determinati parametri, il filtro da agonistico si trasforma in qualcosa di diverso: anche chi non vorrà proseguire nel circuito delle gare potrà beneficiare della pratica svolta sul tatami. Perciò bisogna proporre, specialmente nelle fasce di età della fase evolutiva, un karate salutare, che diventi vero stile di vita. Che curi la prevenzione ed al contempo non trascuri aspetti tipo la corretta preparazione fisica o l’attenta alimentazione…”.

Una sfida costante, che culmina puntualmente con risultati da manuale de “la Scampia che Vince”. Passata all’incasso anche nella seconda tappa del circuito Open League di Busto Arsizio (Varese): due giorni di gare dove si sono dati battaglia oltre 1300 karateka delle categorie U14, Cadetti, Juniores e U21, sia maschili che femminili, in rappresentanza di 277 squadre provenienti da tutta Italia. Il bilancio s’è chiuso con un utile di 1 oro, quello di Asia Bifulco (U21 -50 kg). 3 argenti, con Sara Costa (Junior -53 kg), Sara Docimo (Junior -66 kg) e Gaetano Stornaiuolo (Cadetti -63 kg). E 3 bronzi, quelli di Tommasino Almerico (Junior -68 kg), Cristian Liguori (Junior -76 kg) e Benedetta Arena (U14 -42 kg).

Open e Youth League ormai sono diventate gare assai competitive. Un contesto dove non manca mai carisma, personalità e cattiveria agonistica. Del resto, poiché sono tornei utili per conquistare punti preziosi in ottica ranking nazionale, tutti si presentano con il classico coltello tra i denti, vogliosi di esprimersi al meglio e fare un risultato buono in ottica medaglie. Con la speranza di strappare poi una convocazione con l’Italia e aprirsi le porte agli Europei giovanili 2026…”.

E’ nata una stella

A certificare la bontà della metodologia di Portoghese nel kumite, il medagliere dei suoi atleti, capaci di mantenere inalterata l’eccellenza nel rendimento, nonostante il continuo ricambio generazionale. Non a caso, rientrati dalla trasferta varesina, i giovani talenti della Champion Center hanno aggiunto altri obiettivi prestigiosi alla già nutrita bacheca, al Campionato Italiano Cadetti. Nell’affascinante cornice del “Palapellicone” di Ostia, tempio del karate italiano, ancora protagonista Stornaiuolo.

“Ha conquistato il titolo nei -63 kg, rendendo semplice la categoria più complessa e combattuta, con una condotta di gara strepitosa. L’ha dominata con la testa, il cuore e una maturità fuori dal comune per un quattordicenne: sei incontri vinti, 29 punti fatti, lucidità nelle letture e tantissima grinta. In finale, contro il bravissimo Diego Nasser, si è imposto per 3-2, dando prova di forza e maturità. Scalando anche il ranking nazionale: dalla quarta alla prima posizione. Più in generale, nonostante avessimo in gara solo quattro atleti maschi, la nostra squadra si è classificata comunque quarta. A un passo dal podio. Un risultato enorme, per un gruppo giovanissimo, ma già pieno di talento e prospettive di crescita future…”.

Un segno tangibile che in simili ricostruzioni, orientate alla ricerca di nuovi stimoli, Portoghese è un vero e proprio specialista. Ha impostato un modello di successo, in grado di accompagnare generazioni di agonisti a superare i loro stessi limiti, emotivi e tecnico-tattici. Ma quali sono gli ingredienti che fanno la differenza, oggigiorno, nel combattimento “sportivo”, cioè quello a contatto controllato? Magari in passato l’unica chance per mettere punti in carniere era tirare fuori il meglio di sé in fase d’attacco. Portoghese, intuendo perfettamente i nuovi trend proposti dall’evoluzione delle gare, in funzione dei nuovi regolamenti, ha compreso che un atleta iper-performante passa necessariamente attraverso una solida difesa. Per cui, un atleta completo diventa scomodo da affrontare per chiunque. Concezione sensibilmente sviluppata dal momento che il karate ha avuto accesso alle Olimpiadi, a Tokyo 2020.

Ricordo spesso ai miei allievi che pensare esclusivamente all’attacco, inteso come soluzione risolutiva, fa dimenticare gli altri fattori, tipo azioni preliminari e preparatorie, anch’essi determinanti. La difesa è basata su tanti elementi, che proviamo a costruire in allenamento; azioni interlocutorie, parate e schivate. Tuttavia, guai a dimenticare la fase di contrattacco, da associare immediatamente dopo. Insomma, agli atleti bisogna fornire adeguate basi, cioè senza trascurare una chiave tattica importante. Stimolarli a considerare prioritarie non soltanto le tecniche di braccia e gambe. Devi essere evoluto tatticamente per esprimere nel complesso un karate intenso ed efficace, nonché pure spettacolare. Ovvero, con un bagaglio di conoscenze dove attingere molte soluzioni. Dinamico e bello a vedersi…”.

Chiarezza e progetti condivisi

Ovviamente, questo tipo di ragionamento non significa che il maggior atletismo abbia eroso la qualità. Perciò non basta essere solamente veloci e dinamici. Va bene che il kumite sta andando in una direzione chiara, inequivocabile, fatta di fisicità e intensità. Ma associate sempre a grande padronanza dei fondamentali.

Le qualità fisiche ti permettono di spingere, ma senza una buona tecnica è difficile arrivare a certi livelli, fare il salto di qualità. Perciò oggi c’è molta più attenzione ad aspetti tipo la tattica o la biomeccanica del movimento, per rendere gli atleti poliedrici, quindi completi. D’altronde, il lavoro che impostiamo con i ragazzi cambia in funzione dell’impegno agonistico da sostenere. Bisogna considerare la differenza che esiste tra gare nazionali e internazionali. Forse in Italia si premia maggiormente chi parte, e prende l’iniziativa. Sui tappeti WKF, invece, ho l’impressione che venga data una certa rilevanza pure allo sviluppo situazionale: il contrattacco, la profondità della tecnica, lo stile interattivo. In questo scenario, diventa necessario lavorare su concetti tipo, stimolo, azione e reazione…”.

Può piacere o meno; il punto però non è il segnale piuttosto evidente che giunge dai tappeti di gara internazionali. Per fortuna, è impossibile rinunciare alla poetica di certi gesti. Una consapevolezza della quale Massimo Portoghese resta… Maestro!

Bisogna dedicarsi con costanza ai propri allievi. Devono credere in quello che facciamo assieme. Non nascondo di essere un tipo esigente sul tatami, minuzioso, talvolta rigido, quasi a sfiorare l’antipatia. Pretendo molto da ciascuno di loro, sul piano dell’applicazione. Sempre pronto a sistemare piccoli e grandi particolari. Chi mi conosce, sa che mi comporto così solo per il loro bene. Perciò qualche volta li mando a quel paese; specialmente se durante un allenamento sono poco concentrati. Più semplice mandarli sotto la doccia, che stressarli. E riprendere con rinnovata intensità la seduta successiva. Parlo a tutti loro con grande chiarezza: gli chiedo continuamente cosa vogliono fare; perché abbiamo un progetto condiviso, che si fonda innanzitutto sulla fiducia reciproca!”.

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