L’Avellino è appena stato promosso in Serie B, ma questo non vuol dire che in Irpinia si crogiolano, tra bollicine varie e festeggiamenti assortiti. Perché Mario Aiello sta già scrivendo il futuro. Anzi, conoscendo il modus operandi del diesse, si può dire che abbia iniziato a lavorare in funzione della cadetteria non appena ha avuto il conforto dell’aritmetica.
“La piazza è esplosa, c’è un clima di festa continua. Una gioia immensa che coinvolge tutti, anche se dobbiamo finire la stagione con la Supercoppa. La società ha fatto tantissimi sacrifici. In cinque anni di gestione, la famiglia D’Agostino ci era andata già vicina alla promozione. Che premia gli investimenti della proprietà e la passione della gente. Non bisogna mai dimenticare che Avellino è una piazza con una storia calcistica importante alle spalle. Inoltre quando fallì, militava in B. Quindi, per i tifosi, che soffrirono emotivamente per quella esclusione, è un po’ come se oggi le cose tornassero al loro posto…”.
Meritocrazia e giovani
Forse, il vero paradosso, che ha cancellato le incongruenze del passato, restituendo al Partenio la giusta categoria, è che a portare serenità sia stato un dirigente in costante ascesa nel panorama calcistico italiano. Bravo a scalare le gerarchie senza isterismi o manie di protagonismo. Anche grazie ai risultati ottenuti con il settore giovanile. Non a caso, il suo percorso professionale certifica un legame indissolubile con il vivaio. Un ciclo d’oro cominciato assieme a Raffaele Biancolino, altro artefice del capolavoro biancoverde, proprio con la Primavera irpina, che entrambi si tengono stretto. Prima il Viareggio, con l’eliminazione agli Ottavi per mano dei nigeriani del Beyond, che poi vinceranno il torneo. Quindi il dominio del Primavera3, con conseguente promozione, a chiusura di un ciclo perfetto: non un miracolo, ma il frutto dell’impegno quotidiano.
“Sono particolarmente orgoglioso di quanto abbiamo fatto con la Primavera: abbiamo dominato il Primavera3, dove partecipavano realtà simili alla nostra. Quindi, vincere il campionato significava dare continuità ad un processo di crescita di quel gruppo. E fatto pure un ottimo Viareggio. Noi che venivamo dalla C, ci siamo dovuti confrontare con avversari magari abituati a competere in categorie superiori. A proposito, l’anno prossimo, confrontandoci con squadre di A e B, sarà necessario alzare l’asticella dell’impegno e dell’applicazione. Un aumento proporzionale rispetto alle aspettative della società, che crede nel progetto-giovani. Per filosofia gestionale e motivi legati al regolamento, poiché saremo obbligati ad avere massimo 18 over in organico. Già quest’anno l’età media della rosa era vicina ai 28 anni…”.
Insomma, la premiata ditta pare ci abbia preso gusto a vincere. In fondo c’erano tutte le premesse per pensarla così, considerando il curriculum di Aiello con Cavese e Paganese, dove aveva svolto un ruolo da plenipotenziario, chiamato a supportare il direttore sportivo, gestire lo scouting, e seguire lo sviluppo della Primavera, in modo da farla crescere in ottica prima squadra.
“Resta la consapevolezza di aver fatto qualcosa di coraggioso portando almeno un paio di Primavera stabilmente nel gruppo che ha conquistato la promozione: Mutanda e Campanile si sono integrati e dato il loro contributo!”.
Biancolino propositivo
D’altronde, allenatore e direttore possono contare sul supporto della società, sicuramente non impreparata alle circostanze, consapevole che determinati traguardi si debbano necessariamente programmare. E pensare che quando venne ufficializzato l’avvicendamento con Perinetti e Pazienza, sul finire di settembre, a causa di un andamento negativo, se rapportato alle grandi aspettative della piazza, c’era qualcuno che aveva storto il naso, immaginando che l’accoppiata facesse da traghettatore, nel frattempo che arrivasse qualcuno di più iconico. Invece la mossa del presidente, un vero ribaltone, dopo appena cinque partite di campionato, con tre miseri punti in classifica, ha prodotto effetti rivoluzionari. Serviva una scintilla per trasformare l’Avellino in qualcosa di diverso, in termini di identità tattica e sul piano manageriale.
“Biancolino si è portato in panchina quella carica agonistica da vincente, che aveva da giocatore. Da allenatore, ovviamente, ha smussato un po’ questo suo carattere, dovendo gestire personalità assai differenti tra loro. Ha avuto coraggio anche a cambiare sistema, riproponendo quel 4-3-1-2 che in Primavera era risultato vincente. Gli va riconosciuto quindi il merito di aver liberato tatticamente la squadra, invitandola a esprimere un gioco propositivo, in cui molti si sono espressi compiutamente…”.
A dimostrazione che non esistono preclusioni legate alla categoria se si hanno delle abilità, associate a studio e ambizione. Aiello certamente sembra uno bravo. Solo che finora era riuscito a dimostrarlo solamente in Primavera. E nella maniera più eclatante possibile; cioè cogliendo al volo l’opportunità offerta dalla proprietà. Raggiungendo finalmente l’obiettivo della risalita dall’inferno della Lega Pro.
“Non è stata una passeggiata; il campionato di C nasconde un mucchio di insidie. Potrà apparire banale, ma ha contribuito non poco l’aver creato un gruppo solido e coeso. Probabilmente il miglior acquisto che potessimo fare; aver trasferito a tutti una idea di tranquillità ha permesso poi alla squadra di giocare divertendosi. Potendo esprimere interamente il loro talento individuale, così da alzare il potenziale del collettivo!”.
Gennaio determinante
Ora spetterà ad Aiello accettare un’altra bella sfida: escogitare un piano operativo che permetta di progettare la prossima stagione, allargare la rosa, arricchendola ed adattandola alle esigenze della nuova categoria.
“Le aspettative per la prossima stagione sono duplici. Crescere innanzitutto a livello generale. Ovvero, porre le condizioni per mantenere la categoria. Dare anche un occhio al mercato internazionale, perché in B talvolta i giocatori stranieri contribuiscono a fare la differenza. Al contempo, gettare basi solide per consolidarci nella nuova dimensione. L’idea è ragionare a medio-lungo termine, per provare in futuro ad avere pure maggiori ambizioni…”.
Del resto, già al mercato “di riparazione”, la campagna condotta dal diesse era stata improntata per innescare una svolta psicologica. E generare un clima di fiducia.
“Tutti hanno dato il loro contributo per la promozione. Che ha un sapore unico. Voglio però spendere qualche parola in più sugli arrivi di gennaio. Per esempio, Lescano è stato un acquisto che ha fatto rumore; dal grande impatto mediatico. Va riconosciuta la lungimiranza della società, vogliosa di mandare un messaggio chiaro alla concorrenza non appena ha percepito che il giocatore potesse avere delle remore a restare dov’era. Sugli avversari poi ha prodotto conseguenze psicologiche non indifferenti. Pure l’importanza di Palumbo non va trascurata. Abbiamo dovuto sudare per convincere lui e la Juventus della bontà del progetto, nonché delle nostre ambizioni. Alla fine, ci siamo riusciti, facendo un investimento importante in ottica futura. E soffiandolo a una concorrenza nutrita. Credo che l’anno prossimo possa fare benissimo in B con l’Avellino, perché è un metodista moderno, dal mancino educatissimo, cui abbina una fisicità importante. Uno che davvero non c’entrava nulla con la C !”.
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