Quattro giornate di Napoli

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Quattro giornate di Napoli
parte della Resistenza italiana nella Seconda guerra mondiale

Napoli, distruzioni in città; nell’immagine, le macerie delle abitazioni che si affacciavano su via Nuova Marina, nell’area portuale di Napoli.

Data 27 – 30 settembre 1943
Luogo Napoli
Causa Insurrezione della popolazione contro l’occupazione tedesca
Esito Vittoria della popolazione civile
Schieramenti
Italia (bandiera) Popolazione di Napoli
 Militari fedeli al Regno del Sud
Germania (bandiera) Germania
Repubblica Sociale Italiana (bandiera) Repubblica Sociale Italiana
Comandanti
Effettivi
circa 30 000[senza fonte] circa 8 000[senza fonte]
Perdite
663 morti
162 feriti
(di cui 75 invalidi permanenti)
54 – 96 morti
140 morti civili
19 morti non identificati
[2]
Voci di rivolte presenti su Wikipedia
«Dopo Napoli la parola d’ordine dell’insurrezione finale acquistò un senso e un valore e fu allora la direttiva di marcia per la parte più audace della Resistenza italiana»

Le quattro giornate di Napoli furono un’insurrezione popolare con la quale, tra il 27 e il 30 settembre 1943 durante la seconda guerra mondiale, la popolazione civile e militari riuscirono a liberare la città di Napoli dall’occupazione delle forze tedesche della Wehrmacht.

Il moto valse alla città il conferimento della medaglia d’oro al valor militare e consentì alle forze Alleate, al loro ingresso a Napoli il 1º ottobre 1943, di trovare la città già libera dai tedeschi, grazie al coraggio e all’eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati e ridotti allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima tra le grandi città europee a insorgere contro l’occupazione tedesca, per giunta con successo.[4]

Il contesto storico

I bombardamenti sulla città e l’occupazione tedesca

Per tutto il primo quadriennio di guerra (19401943) i bombardamenti su Napoli da parte delle forze Alleate erano stati durissimi e avevano causato ingenti perdite in termini di vite umane anche tra la popolazione civile. Si calcola che oltre 25 000 furono le vittime di questi attacchi alla città; solo nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono oltre 3 000 persone; circa 600 morti e 3 000 feriti si ebbero per lo scoppio della nave Caterina Costa nel porto, il 28 marzo 1943.[5][6] Molto gravi anche i danni al patrimonio artistico e culturale: la Basilica di Santa Chiara ad esempio fu semi-distrutta il 4 agosto 1943.

L’inizio della campagna d’Italia, con lo sbarco Alleato in Sicilia il 9 luglio 1943, la caduta del fascismo il 25 luglio e la successiva avanzata delle forze Alleate nell’Italia meridionale all’inizio di settembre avevano indotto esponenti dell’antifascismo partenopeo tra cui Fausto Nicolini e Adolfo Omodeo a stabilire più stretti contatti coi comandi Alleati, invocando la liberazione della città.

A partire dall’8 settembre, giorno dell’entrata in vigore dell’Armistizio di Cassibile, le forze armate italiane – a Napoli come in tutto il resto del Paese – si trovarono allo sbando per mancanza di ordini dai comandi militari. La situazione, già difficile per i bombardamenti pregressi e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20 000 tedeschi a fronte di soli 5 000 italiani in tutta la Campania), ben presto si fece caotica dopo la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative quando addirittura non conniventi con i tedeschi; significativa in tal senso la fuga in abiti borghesi dei generali Riccardo Pentimalli ed Ettore Deltetto, cui era affidata la responsabilità militare della provincia di Napoli: gli ultimi atti di Deltetto furono proprio la consegna della città all’esercito tedesco e la stesura di un manifesto che vietava gli assembramenti, autorizzando i militi a sparare sulla folla in caso di inadempienza. Al vacillare dei vertici seguì lo sbando delle truppe, a loro volta incapaci di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche. Sporadici tentativi di resistenza si ebbero solo alla Caserma Zanzur, alla Caserma dei Carabinieri «Pastrengo» e al 21º Centro di Avvistamento di Castel dell’Ovo.

Primi scontri

Sin dai giorni immediatamente seguenti l’armistizio, in città si andarono intensificando gli episodi di intolleranza e resistenza verso i tedeschi e azioni armate – più o meno organizzate[7] – fecero seguito alle manifestazioni studentesche del 1º settembre in piazza del Plebiscito e alle prime assemblee nel Liceo Classico «Sannazaro» al Vomero.

Il 9 settembre, verso le ore 16, in via Foria truppe tedesche tentarono di sequestrare armi lunghe (moschetti mod. 91 e qualche MAB 38) a militari e ad agenti di pubblica sicurezza, alcuni dei quali in abiti civili; gli italiani dapprima fuggirono, quindi al sopraggiungere di un autoblindo reagirono con un agguato catturando il mezzo blindato e una ventina di soldati tedeschi; questi, tuttavia, furono liberati poco dopo per ordine del Comando Militare Italiano, e i militari italiani puniti. Il giorno stesso alcuni cittadini si scontrarono con le truppe tedesche al Palazzo dei Telefoni, mettendole in fuga, e in via Santa Brigida; quest’ultimo episodio vide coinvolto un carabiniere costretto a sparare per difendere un negozio dal tentato saccheggio da parte di alcuni soldati.

Il 10 settembre, tra piazza del Plebiscito e i giardini del Molosiglio, avvenne il primo scontro cruento nel quale i militari italiani e alcuni cittadini napoletani riuscirono a impedire il transito di alcuni automezzi tedeschi; nei combattimenti perirono tre marinai e tre soldati tedeschi. Gli occupanti ottennero la liberazione di alcuni uomini fatti prigionieri dagli insorti, anche grazie a un ufficiale italiano che intimò ai suoi compatrioti la riconsegna degli ostaggi e di tutte le armi. La rappresaglia per gli scontri di piazza del Plebiscito non tardò ad arrivare: i tedeschi infatti appiccarono un incendio alla Biblioteca Nazionale e successivamente aprirono il fuoco sulla folla intervenuta.

L’11 settembre alla Riviera di Chiaia un piccolo reparto tedesco assaltò un distaccamento di Pubblica Sicurezza ospitato in un albergo, bersagliandolo a colpi di mitragliatrice. Gli agenti reagirono con i moschetti mod. 91 in dotazione, scesero in strada e costrinsero i tedeschi alla resa.[8]

Nel frattempo, i tedeschi catturarono e/o affondarono numerose navi italiane nelle acque e nel Porto di Napoli:[9]

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