Con il rinnovo di Conte sembra che Aurelio De Laurentiis, memore del grossolano errore nella gestione di Spalletti, non abbia commesso il medesimo sbaglio. Perciò l’accordo raggiunto con l’allenatore salentino veicola nei tifosi una benefica sensazione: il cineproduttore vuole avviare un nuovo percorso sulla base di una strategia diversa dal solito. Come se continuare con l’Uomo del Salento rappresenti una naturale continuazione di un processo funzionale sì a inseguire la vittoria. Ma con una mission aziendale (almeno a parole…) un tantino meno orientata alla sostenibilità finanziaria. Un concetto che finora è riuscito a incarnare meglio di ogni altra cosa la sua filosofia. Eppure, la presidenza di ADL ha funzionato perché ha saputo aspettare, programmando con lungimiranza e oculatezza, senza alcuna isteria. Insomma, prima ha costruito una base solida, favorendo la crescita graduale di società e squadra. Dopo sono arrivati gli scudetti. Uno scenario in cui la fortuna conta veramente poco.
Ovviamente, è inimmaginabile pensare che il Napoli si approccerà al prossimo mercato con lo stesso atteggiamento di chi appartiene alla ristretta élite europea. Club che hanno alle spalle i petrodollari degli sceicchi, un fondo sovrano piuttosto che una banca di affari. Nondimeno, le voci circa la possibilità di convincere De Bruyne a sbarcare all’ombra del Vesuvio dimostra l’intenzione di ritagliarsi comunque un posto al tavolo delle “grandi”, inseguendo nomi altisonanti. Profili che producono conseguenze dirette ed immediate in termini di soldi spesi per cartellini o stipendi, se l’attenzione è rivolta agli svincolati, come nel caso del belga.
Logico che l’uomo in grado di cambiare tutto sia stato proprio Conte, unico garante di un piano ancora più ambizioso, volto a calamitare i giocatori, attraendoli, spingendoli ad accettare la corte del Napoli. E poco importa che l’opera seduttiva non abbia ingolosito Kvaratshkelia. Là gli si può imputare di aver avuto torto; però tutti sapevano che il georgiano avrebbe cambiato aria. Nonostante ciò, va riconosciuta al tecnico la capacità di non farsi prendere dal panico, trovando nel collettivo la forza propulsiva per vincere il titolo. Per cui, va bene la credibilità, ma ci vogliono poi i risultati ad avallare questa fantomatica terza fase del progetto Del Laurentiis.
La prima, chiaramente pluriennale, era quella di rilanciare il brand nella piramide calcistica italiana, rilevando il Napoli dal fallimento, sviluppando un metodo operativo che ha fatto scuola. Cioè, comprare giocatori spendendo il giusto, rivendendoli a prezzi stellari. La seconda, connessa alla stabilità economica, l’ha portato ormai ai vertici. Adesso è presumibile l’intenzione di spingersi oltre; approfondire il progetto infrastrutturale connesso allo stadio, magari sfruttando i fondi erogati dal Governo per gli Europei 2032. Forse la creazione di un centro di allenamento di proprietà farà da classica ciliegina sulla torta, il lascito a lungo termine di Don Aurelio alla “sua” creatura.
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