Conte non voleva assolutamente che il Napoli accusasse il colpo della sconfitta di Milano: un calendario fitto d’impegni non aspetta nessuno. Così ha affidato la reazione immediata a chi fosse arruolabile, obbligato da infortuni e squalifiche a ridisegnare la difesa. Evidente l’intenzione di prendere di petto le difficoltà, opponendo allo Sporting Lisbona una formazione comunque assai competitiva, schierando dalla mediana in su il blocco dei titolarissimi.
In ogni caso, le assenze non inibiscono l’idea del tecnico salentino, nient’affatto intenzionato a modificare i meccanismi della risalita dal basso. Dunque, la solita struttura fluida. Infatti, gli azzurri costruiscono centralmente con Beukema e Juan Jesus, supportati da Lobotka. Mentre Spinazzola e Gutierrez si allargano, guadagnando l’ampiezza su entrambi i lati del campo. E le due mezzali – McTominay a sinistra e Anguissa a destra -, occupano i corridoi intermedi, pronti a coprire la distanza fino al limite dell’area altrui, strappando in conduzione o inserendosi con efficacia alle spalle dei centrocampisti portoghesi. Ovviamente, le caratteristiche di Politano costringono la squadra partenopea a sviluppare in maniera asimmetrica, cioè (quasi) prevalentemente puntando sull’uno vs uno del numero 21. Sul versante opposto, McT da “finta ala”, appare molto più a suo agio nel venire dentro, muovendosi nell’half space.
KDB libero e bello
Quello che indubbiamente sorprende rispetto a qualsiasi pronostico della vigilia è la posizione di De Bruyne, talmente vicino al centravanti da sembrare davvero una seconda punta, seppure assai atipica. Libero di muoversi come meglio crede, scegliendo la zona da occupare a seconda dei momenti del match, il belga legge in anticipo la disposizione dello Sporting, costringendolo a ripiegare, al punto da smascherarne l’intenzione di ridisegnare il 4-2-3-1 iniziale in uno stretto e corto 5-4-1 volto a fare grande densità sottopalla. Punendolo con cinismo e intelligenza in occasione dell’azione del vantaggio, al culmine di una lunga transizione, cominciata con un intercetto, i cui ingredienti principali sono stati poi tecnica sopraffina e velocità, di pensiero oltre che di gamba.
Insomma, quando KDB si accende, diventa complicato da contenere. Ha qualità nei fondamentali che gli consentono di determinare ovunque lo metti. Associate a una leadership riconoscibile lontano un miglio: si vede dal modo come serve gli assist, stendendo il duplice tappeto rosso per Hojlund, la capacità di percepire spazi dove giocatori orinari immaginano solamente muri di maglie avversarie. Ecco, l’approccio del Napoli riflette questa natura a tratti spregiudicata, dove l’intensità non sempre è massimale. In ogni caso funzionale a gestire il ritmo del possesso, consolidandolo nella trequarti offensiva, a caccia della eventuale verticalizzazione sul danese. Che merita un discorso a parte. Il vantaggio è sintomatico di una devastante frequenza di corsa; quell’abilità di infilarsi tra i difensori, arricchita dalla freddezza nel chiudere il contropiede. Il resto lo fa il coraggio nell’incrociare il cross, sfidando il pugno teso di Rui Silva, per siglare il raddoppio.
Conte alza il livello
Nella vittoria si vede la mano di Conte, che ha plasmato la fase di non possesso dandole rinnovato equilibrio e solidità. Il piano gara predisposto dall’allenatore prevede una netta tendenza palesata in questo inizio di stagione: pressare alto, creando l’habitat tattico per andare uomo contro uomo sui riferimenti. Addirittura con una uscita molto lunghe, quella di Lobotka su Hjulmand. Dietro, questa pressione, Anguissa scalava su Joao Simoes. Quindi, a completare gli accoppiamenti, Politano su Araujo e McTominay che scivolava lateralmente su Fresneda.
Un atteggiamento magari un po’ rischioso, con tutto quello che avrebbe potuto comportare in caso di eventuale ripartenza. Rispetto alla sconfitta col Milan, tuttavia, stasera gli azzurri non hanno mai fallito le uscite. Chiudendo puntualmente il campo, evitando di concedere profondità alle spalle della linea difensiva. E quando nella ripresa, con i cambi, Rui Borges ha tentato di prendere possesso della trequarti partenopea, Conte ha risposto con una contromossa, che ha impedito allo Sporting di ripartire con efficacia, stringendo la posizione di Gutierrez, con la chiara intenzione di rimpicciolire il campo in ampiezza, sovraccaricando la zona centrale grazie alle continue diagonali di copertura dello spagnolo.
Nel finale, la strategia è cambiata ancora: dentro Lang e Neres, incisivi negli isolamenti, bravi ad allungare gli ospiti, costringendoli a correre all’indietro. Chiaro che se al 94’ Milinkovic-Savic non avesse letteralmente ricacciato fuori dalla porta la zuccata di Hjulmand ora staremmo parlando d’altro. Ma sarebbe stata una punizione veramente dura per un Napoli per larghi tratti bello e dominante.
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