La stagione della Juve Stabia rimane da incorniciare. Le Vespe hanno compiuto un capolavoro. E poco importa che alla fine solo la Cremonese, con una rosa profonda e dalla qualità molto alta, ne abbia interrotto il cammino nei playoff, di fatto sul più bello. Strappare il pass per la finale è stato comunque tutt’altro che una passeggiata di salute. Non a caso, gli uomini di Pagliuca si sono imposti come la vera rivelazione della Serie B. Gran parte del merito va ascritto naturalmente alle idee dell’allenatore toscano, perfette per sviluppare un calcio brillante ed ambizioso. Eppure, all’appuntamento col destino, ha optato per un cambio di filosofia, disegnando uno schieramento compatto: blocco medio e scalate difensive corrette, nonché marcature preventive, che obbligavano i grigiorossi a fare una fatica enorme per trovare l’imbucata centrale.

Perciò la squadra di Stroppa, in un contesto tattico dove gli ospiti si accoppiavano uomo su uomo, andando a prendere ogni riferimento, si è affidata alla qualità di Vázquez. In questo scenario, El Mudo diventa il volto-copertina, mostrando di essere trequartista solido e completo, uno tra i più talentuosi ed efficaci del panorama cadetto. E’ lui, infatti, a convertire il possesso paziente in improvvise verticalizzazioni, attivando due attaccanti mobili del calibro di Johnsen e Vandeputte. Il norvegese ha trovato in Varnier un solido francobollatore, assai applicato in situazione di uno vs uno, oltre ad essere asfissiante nel rompere la linea e seguirlo ovunque, anche quando si defilava lateralmente oppure abbassava nella sua metà campo. Allora è toccato al belga togliere sicurezza alla strategia predisposta da Pagliuca, ricevendo palloni significativi alle spalle di Mosti o Pierobon.

A rompere gli equilibri di un piano-gara sostanzialmente azzeccato ha provveduto uno spunto sulla corsia laterale: un rimpallo favorisce Barbieri, che si propone lungo la fascia. Quindi serve in cutback Castagnetti a rimorchio, bravo a piazzarla sul palo lontano. Un vero peccato, perché fino a quel momento, la Juve Stabia non aveva perso compattezza. Nonostante, orientando la fase offensiva (quasi) esclusivamente sulla palla lunga verso Adorante e Candellone, non avesse creato i presupposti per giocate pericolose. Davvero un peccato che sia mancato il contributo della coppia d’attacco: il repertorio di giocate incontro e sponde ha impedito di riciclare il possesso, privando l’attacco stabiese di determinare nella trequarti altrui.

Il vero turning point, però, è l’espulsione di Andreoni (forse) un tantino affrettata: la sensazione di aver toccato la sfera con la mano resta, ma nella dinamica dell’azione appare evidente lo strano rimpallo, che tradisce l’intenzione di assorbire il complicato lancio dalle retrovie. Sulla conseguente punizione, un perfetto schema a tre libera alla conclusione Johnsen per il 2-0, chiudendo la partita ben prima del fischio finale. Da lì in avanti è mera accademia. Il terzo gol mortifica solamente l’errore sul piazzamento di Thiam. Ma non derubrica il cammino dei gialloblù, che non devono affatto guardare a oggi con rimpianto. Perché la loro stagione è sicuramente motivo di orgoglio: la matricola terribile che ha saputo imporsi come rivelazione della cadetteria.

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