Il caso dell’annullamento del concerto del maestro russo Valery Gergiev alla Reggia di Caserta accende il dibattito politico e culturale. Mentre la direzione del sito borbonico ha cancellato l’evento per la controversa vicinanza del direttore d’orchestra al presidente Vladimir Putin, due amministratori italiani si schierano apertamente contro la decisione, invitando Gergiev ad esibirsi nei loro territori.
A rompere il silenzio nel Mezzogiorno è Cosimo Ferraioli, sindaco di Angri (Salerno) e coordinatore regionale del partito Democrazia Sovrana e Popolare. Ferraioli definisce l’annullamento del concerto “una dichiarazione di guerra alla cultura” e “un attentato euro-squadrista alla libertà d’espressione”. “Gergiev – spiega – è un grande artista, al di là delle sue idee politiche, vere o presunte. Escluderlo per motivi ideologici è ipocrisia. Se altri sindaci tacciono, io rilancio: Gergiev è il benvenuto ad Angri, pronto ad accoglierlo nei giardini di Palazzo Doria”.
Il primo cittadino parla di “oscurantismo” e di “dittatura del pensiero”, aggiungendo: “Cultura, musica, arte devono restare libere. Chi oggi si riempie la bocca di democrazia, agisce come un censore. Serve buonsenso, non propaganda”.
A sostegno di Gergiev interviene anche il consigliere regionale veneto Stefano Valdegamberi (Gruppo misto), che chiede alla Fondazione Arena di Verona di invitarlo a esibirsi, e al presidente del Veneto Luca Zaia di prendere pubblicamente le distanze da quella che definisce “una vergognosa forma di discriminazione e censura”. “Stiamo assistendo a una deriva ideologica pericolosa – afferma – che usa la cultura come strumento di vendetta politica: si boicottano atleti russi, si cancellano Dostoevskij dai programmi scolastici, ora si impedisce a un direttore d’orchestra di esibirsi”.
Valdegamberi ribadisce: “Il popolo russo ha sempre amato l’Italia. Rispondere con diffidenza e chiusura è un errore che la storia giudicherà severamente. La musica deve unire, non dividere”.