L’Avellino è tornato in Serie B dopo sette anni e non poteva festeggiare nel modo migliore il debutto casalingo, dopo qualche settimana di amarezze e delusioni per i continui rinvii circa la piena disponibilità dello stadio. Prima vittoria stagionale per gli irpini, dunque, che mettono ko il Monza, certificando la bontà di un progetto tecnico comunque in salute, nonostante i risultati delle prime due giornate lasciassero immaginare qualcosa di diverso.

Insomma, il piano stilato in estate dalla famiglia D’Agostino sembra avere le spalle larghe sul versante della sostenibilità nel lungo periodo, fondato cioè su investimenti mirati e giovani di qualità, affinché il futuro dei biancoverdi abbia basi solide e incuta un po’ meno timore. Evidente ieri sera la simbiosi della squadra coi suoi tifosi: l’attesa (infinita…) per la riapertura andava giustamente goduta assieme. Era una occasione troppo ghiotta per non cantare a squarciagola i cori a sostegno di una fede. Perché un pezzo dell’identità territoriale è legata a filo doppio con il calcio. Magari con un pizzico di nostalgia per l’Avellino degli anni ’80 marchiato indelebilmente dalla gestione di Antonio Sibilia, quando le “big” della Serie A posavano puntualmente i punti quando giocavano al Partenio. Ma senza perdere la speranza che nel giro di qualche anno anche l’attuale proprietà possa programmare l’assalto alle zone nobili della classifica.

Deteminanti le mosse di Biancolino

A fare la differenza, ieri sera, le scelte di Biancolino. Che ha insistito sul 3-4-1-2, una sorta di personalissimo marchio di fabbrica, ma utilizzando contemporaneamente Crespi e Biasci. Così l’Avellino ha sviluppato la fase di possesso alzando due attaccanti dalla fisicità non indifferente per fissare la difesa brianzola, schiacciandola all’indietro, nell’ultimo terzo di campo. Mentre Insigne, disponendosi alle loro spalle, occupava la trequarti, a caccia della migliore soluzione in rifinitura. La verticalizzazione, quindi, diventava il gesto tecnico ideale per stimolare i compagni di reparto ad aggredire la profondità, mettendoli in situazione di duello individuale contro Izzo e Lucchesi. Dal punto di vista tattico, ricevere spalle alla porta, e dopo servirlo facendo una sponda per combinare con Insigne, che arrivava dinamicamente inserendosi a rimorchio, ha favorito l’efficacia del piano gara predisposto dall’allenatore.

Alla fine, anche se a fissare definitivamente il risultato ha provveduto il subentrato Russo, con una spettacolare rovesciata da Playstation, che già si candida per finire a pieno titolo tra gli highlight di questo campionato cadetto, la vittoria conforta pur non esaltando oltremodo: il lavoro da fare è ancora tanto. Va detta una cosa però: se il Monza, tra le principali candidate alla promozione, ci ha rimesso le penne, molti meriti vanno ascritti alla solidità della retroguardia irpina; davvero un manifesto della superiorità tecnica e fisica in fase difensiva del terzetto composto da Enrici, Simic e Fontanarosa. Nonché alla brillantezza della coppia di centrocampo: Palmiero, sempre elegante nel modulare ritmo e intensità del giropalla; Sounas, puntuale nel ripulire i palloni in uscita e riciclare il possesso.

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