Prima del fischio d’inizio del match contro il Como c’era un discreto interesse in tifosi e addetti ai lavori, desiderosi di conoscere le scelte di Conte nella prima uscita del Napoli senza il lungodegente De Bruyne. L’infortunio del belga, infatti, spinge l’allenatore ad una profonda riflessione, obbligandolo per inerzia a tornare all’antico. Ovvero, affidarsi ad un 4-3-3 con una forma “classica” piuttosto che asimmetrica, in grado di ricordare la squadra dello scorso anno.

Uno scenario tattico dove ricoprono un ruolo fondamentale McTominay e Anguissa, che devono sdoppiarsi, aiutando a turno Gilmour, incaricato di dare un senso alla prima costruzione ragionata; rimanendo dunque al fianco dello scozzese in situazione di risalita. Alzandosi poi alle spalle della mediana altrui. Una volta occupati i corridoi intermedi, nonché dato ampiezza con gli esterni, gli azzurri sviluppano una manovra orientata a verticalizzare, oppure sovraccaricare le fasce.

Senza De Bruyne si va in ampiezza

Giocate funzionali a scardinare la retroguardia comasca, muovendo uomini e palla negli ultimi venti metri, con lo scopo preciso di riempire l’area di rigore. Soluzioni ideali per far male all’avversario, proprio in virtù degli inserimenti delle mezzali. Ancora di più se si tiene conto che Neres e Politano possono isolarsi nell’uno contro uno. L’ex Sassuolo e Inter diventa decisamente performante connettendosi con i compagni. Mentre il brasiliano si trova sicuramente a suo agio se può attaccare in campo aperto. Con Spinazzola (per l’ennesima partita preferito a Olivera, confermando al momento un cambio nelle gerarchie), in copertura del binario mancino. Una mossa tutto sommato comprensibile, finalizzata a prevenire eventuali transizioni.

Ovviamente, con uno schieramento simile, senza De Bruyne ad agire da “finta” ala sinistra, la struttura della zona nevralgica determina un naturale mutamento dei compiti. Giocando con un tradizionale centrocampo a tre, Gilmour scandisce il ritmo, decidendo quindi con quale intensità debba girare il pallone. In termini concreti, a gestire efficacemente il palleggio, lavorando alla stessa altezza dell’ex Brighton, stazionando perciò alla base del possesso, accorciare una mezzala significa ripristinare la superiorità numerica nel mezzo, visto che Fabregas associa Perrone e Caqueret alle mezzali partenopee.

Questione di equilibri

Insomma, è una questione di equilibrio generale. Se i movimenti nelle zone centrali della trequarti sono tesi a disordinare la fase difensiva del Como, ponendo al contempo le condizioni affinché lo spazio tra le linee se lo prendano Anguissa (o McTominay) e Di Lorenzo, allora, sembra corretto l’atteggiamento del Napoli di focalizzare il gioco sulle catene e allungare gli avversari.

Inoltre, va sottolineato che Conte, nel tentativo di evitare di appiattirsi lateralmente, con Diao e Addai che hanno gamba tonica e piedi educati, batte vie alternative. Ecco che, individuata la zona in cui mettere in difficoltà il Napoli, gli offensive player comaschi vanno a prendersi proprio lo spazio dietro i terzini. L’allenatore salentino, volendo disinnescare un contesto del genere, è ricorso alla fluidità offensiva: Neres talvolta si staccava dalla linea, occupando l’half space mancino. Conseguentemente, onde aprire varchi nel proprio schieramento difensivo, Fabregas suggeriva loro di assumere un atteggiamento più guardingo.

Accorgimenti che in ogni caso non hanno sbloccato la manovra offensiva dei padroni di casa. Inspiegabilmente inefficaci nelle conclusioni verso Butez, nonostante un’altissima percentuale di possesso palla. Hojlund è un esecutore implacabile se stimolato alle ricezioni fronte alla porta. Nondimeno, pure da pivot, sa bene come comportarsi. Perché ha la qualità di proteggere la palla, favorendo la progressione del possesso. Nondimeno, se lo assisti (quasi…) esclusivamente coi lanci lunghi di Milinkovic-Savic, poi metterlo in ritmo diventa complicato.

Rrahmani è tornato a dominare

Veniamo alle note liete. Finalmente torna Rrahmani. Decisione che non ha destato sorpresa. Conte lo manda a curare Morata, creando l’altro accoppiamento: Buongiorno sulle tracce di Nico Paz. Del resto, con un profilo tipo lo spagnolo, bravo ad evitare di dare alcun riferimento posizionale, così da creare grande incertezza alla difesa partenopea, era quasi obbligatorio mettere un centrale abile a rompere la linea, per non subire il disagio generato dai continui spostamenti sulla trequarti del canterano del Real Madrid. Se non una marcatura personalizzata, uomo vs uomo, comunque il tentativo di contenere la chiave di volta nello scacchiere offensivo di Fabregas, diminuendone il raggio d’azione.

Il consueto sistema difensivo preparato da Conte, blocco medio, con Politano chiamato ad abbassarsi all’altezza di Di Lorenzo, scivolando nella linea, e la conseguente scalata di Neres a centrocampo, che ridisegnano l’assetto in un compatto 5-4-1, consentiva ai Napoli di congestionare gli spazi, mantenendo una certa solidità sottopalla.

Mentalità “europeista”

Alla luce del quesito iniziale, appare evidente che il Napoli, almeno per quel che concerne il campionato, punti esplicitamente su una strategia orientata ad attestarsi su un blocco medio. E dopo attaccare, creando gli spazi. Il discorso cambia, invece, in Champions League. Lì bisogna necessariamente affidarsi ad un calcio più ambizioso e propositivo, se davvero si vuole sperare di andare lontano. Ma il modo con cui è arrivato stasera il pareggio ha confermato la necessità di esprimere un calcio che prescinda dall’essere un monolite sottopalla e poco altro. Piccola nota a margine: il progetto tecnico-tattico sviluppato da Fabregas è molto interessante.

Oggi il Como ha saputo orientare la fase di non possesso sull’uomo, nonché chiudere ogni potenziale buco tra le linee, rischiando niente e muovendo l’attrezzo con estrema personalità: lecito quindi rimarcarne i meriti. Che talvolta sono ampiamente superiori alle manchevolezze dell’avversario.

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