Per l’Italia del karate FIJLKAM il Torneo di Qualificazione ai Campionati Mondiali è stato un trionfo netto, eppure per certi versi non inatteso, considerando la lungimiranza e la certosina preparazione con cui lo staff tecnico aveva inseguito questo risultato. Nell’affascinante cornice del “Palais Pierre de Coubertin”, gli Azzurri dimostrano così di essere una vera e propria potenza nel panorama internazionale, sia nel kata che nel kumite. A raccontarci la visione strategica, funzionale ad elaborare poi un modello vincente, giusto mix tra giovani talenti e “marpioni” del tatami, che hanno rappresentato il prezioso valore aggiunto della spedizione, provvede l’allenatore della Nazionale, Gennaro Talarico.

Ovviamente, ci siamo presentati a queste qualificazioni con la consapevolezza che potessimo far bene, considerando anche il livello assai competitivo degli atleti presenti. Poi ogni gara ha un suo sviluppo situazionale, con gli inevitabili alti e bassi legati al momento contingente. Detto questo, i numeri ci gratificano: tolto il Giappone, che fa sempre un pò storia a sé, l’Egitto in qualità di organizzatore e l’Australia, che nel continente oceanico ha il più alto numero di praticanti, siamo stati quelli a qualificare più atleti. Questo non vuol dire avere già fatto bene in ottica Mondiale. Nessuno deve sentirsi appagato oppure sedersi. In tal senso, l’idea di inserire pian piano dalla giovanile alla seniores i migliori prospetti ci ha permesso di creare una bella sinergia, assai stimolante per vecchi e nuovi“.

Se le chiacchiere le porta via il vento, sicurezza e fiducia nel lavoro svolto finora sembrano presagire un futuro a tratti radioso, con un ruolo non marginale svolto dalla spedizione azzurra in Egitto.

Posso garantire che in tanti anni di esperienza, come agonista e poi da tecnico, il torneo di qualificazione non è stata una gara come tutte le altre, anche se le misure del tatami e gli avversari erano gli stessi di sempre. Si percepiva che c’era un’atmosfera totalmente diversa. Un livello di stress altissimo, probabilmente legato all’importanza della posta in palio, nonchè alla nuova formula del Mondiale, diviso in manifestazione a Squadre (la World Cup) e Individuali, che si alternano ogni anno. Dunque cambia pure la fase di qualificazione: alcuni tramite ranking o Europei. Altri tramite l’evento di Parigi. Per ogni categoria di peso c’era una fase a gironi, seguita da un’eliminazione diretta in cui i migliori 12 atleti si contendevano gli ultimi sei pass per il Mondiale”.

Il segnale che la WKF voglia tracciare una nuova rotta è dato dalla creazione, per la prima volta nella storia, di un apposito torneo, destinato agli atleti che ancora non avevano strappato un biglietto per il Cairo attraverso il ranking, assegnando altri 6 posti per categoria. Proprio il cambiamento della formula non solo concede un’ultima opportunità per conquistare il pass iridato ai migliori karateka, ma alza prepotentemente il livello tecnico, mettendo in competizione tra loro ben 546 atleti provenienti da 105 Paesi, che si sono confrontati in tre giornate di eliminatorie e round robin.

A livello emozionale è un gran bel format. Abbiamo visto atleti combattere al massimo delle proprie possibilità. Il raggiungimento di questo traguardo era sentito a livello emotivo in maniera fortissima. Per quanto riguarda poi il livello tecnico, il discorso diventa relativo, nel senso che a questo punto è già altissimo. Inoltre, rientra nell’ordine naturale dell’agonismo il caso sporadico di un atleta cui va tutto bene in quella giornata di gara, dov’è particolarmente in forma. Tutti i migliori hanno provato a qualificarsi, anche quelli che magari nell’anno precedente hanno avuto un rendimento altalenante nelle grandi competizioni, cioè quelle utili per accumulare punti in ottica ranking. L’opportunità di strappare un posto sul filo di lana era ghiotta”.

Soddisfatti o… ripescati

L’immagine della spedizione azzurra festante nell’iconico palazzetto di Parigi non rappresenta un traguardo, bensì la tappa intermedia di un percorso assai ambizioso, che avrà il suo culmine nel Mondiale in scena in Egitto, dal 27 al 30 novembre. Allora, ai sette (Terryana D’Onofrio e Alessio Ghinami nel kata; Erminia Perfetto, Silvia Semeraro, Clio Ferracuti, Angelo Crescenzo e Matteo Avanzini nel kumite) già qualificati di diritto attraverso il punteggio accumulato nel ranking mondiale – bisogna essere tra i primi 8 della propria categoria -; oppure in virtù dei risultati maturati all’Europeo, salendo sul podio, si aggiungono Viola Lallo, Aurora Graziosi, Luca Maresca e Daniele De Vivo. Una percentuale impressionante: cinque su cinque disponibili. Quattro direttamente ed il quinto, Michele Martina, che è riuscito a strappare il lasciapassare in virtù del ripescaggio, permettendo all’Italia di coronare uno straordinario en plein.

Il primo a cambiare il corso della stagione in ottica mondiale è stato Daniele De Vivo (“Veniva da un periodo non proprio positivo. E’ stato bravo a gestire la pressione…”). Nei 75 kg ha subito dato la sensazione di riuscire a esprimersi su eccellenti standard di rendimento: partito con un 9-0 ai danni del croato Dino Simunec, ha pareggiato successivamente 0-0 con l’austriaco Stefan Pokorny. Decisiva la vittoria sull’azero Rashid Suleymanov per 6-0. Consapevole della necessità di non farsi prendere da prematuri entusiasmi, nella sfida conclusiva contro il brasiliano Gabriel Nascimento, certifica il suo exploit, asfaltandolo con un rotondo 5-0. Anche Aurora Graziosi (“Nonostante la giovane età, ha stupito per la serenità dimostrata in un’occasione così importante…”) nei 61 kg lascia il segno, attenta a non perdere lucidità nei momenti decisivi. Ha superato lo scoglio di un girone molto equilibrato, che s’è deciso nell’ultimo incontro. Inizialmente, 3-3 con la messicana Luque Sanchez. Quindi, batte la statunitense Sabina Ramic 8-0. Nell’ultimo match, il classico “dentro o fuori”, regola la macedone Jovanovska, che aveva già vinto due volte, con un perentorio 5-0. Nell’atto finale sgombera il campo da qualsiasi equivoco, e non lascia scampo alla rappresentante di Taipei, Hang Yu, con un secco 9-1.

All’altezza delle aspettative pure Luca Maresca (“Inizialmente teso come una corda di violino, pur avendo una grandissima esperienza, si è ritrovato in corso d’opera con grande determinazione…”), nella categoria al limite dei 67 kg. Puntuale su ogni tecnica, domina il koreano Ha (12-4), pareggia contro lo sloveno Susa (3-3) e vince col kirghizo Akylbek (3-1). Qualificazione sugellata dopo un incontro molto equilibrato con l’ucraino David Yanovskyi (1-0). Percorso netto per Viola Lallo (“Ha dato valore alla sua qualificazione con attenzione e intelligenza…”) nei 55 kg: due vittorie, ai danni della lettone Muizniece (6-0) e della polacca Dronchanka (5-0). Dopodiché, discorso chiuso, seppur di misura (3-2), con la ceca Hrdlickova. Invece Michele Martina scavalla la pool, ma viene fermato sul più bello dal francese Hendrick Confiac, venendo successivamente ripescato (“Sono stati concessi dei ripescaggi: due posti disponibili per ogni categoria di peso. Michele rientrava tra questi in virtù di una serie di parametri, tra punti e posizionamento nel ranking!“).

Programmare strategie vincenti

Indubbio che essere la nazione europea con il maggior numero di qualificati è il frutto di un processo sistematico, associato a capacità di programmazione, che permette di riunire i migliori profili in vista di un ambizioso piano: confermare la forza e la continuità del movimento italiano, primo in Europa per numero di qualificati.

Questo significa che il karate italiano funziona in tutte le categorie: abbiamo la rappresentanza nel kata e nel kumite, maschile e femminile. È molto importante per il nostro movimento riuscire a esprimere altissimi livelli tecnici in tutte le discipline. La realtà attuale conferma che senza chiudersi su preconcetti o pregiudizi, bensì aprendosi al confronto ed all’interazione, si può avere una concreta ricaduta applicativa sui tappeti di gara. Molte nazioni stanno crescendo proprio grazie a questo fenomeno. Emotivamente poi staccare il biglietto per il Mondiale è motivo di soddisfazione. Se fino alla scorsa edizione la federazione di appartenenza magari ti iscriveva, adesso il percorso per qualificarsi è arduo. Quindi, anche solo poter affermare di essersela conquistata è motivo di orgoglio. La formula stessa della manifestazione rende l’idea: saranno 8 gironi da 4, e si qualificano i primi due di ogni pool; rispetto alle gare di Premier League, in cui passa il turno solo un atleta. Questo significa che se ci sono buone possibilità di arrivare ai sedicesimi, da lì in avanti sarà una battaglia durissima per andare a medaglia. Senza trascurare un altro particolare; solamente 4 teste di serie. Insomma, molto dipenderà anche da che parte del tabellone si occuperà”.

Chiaro che questo gruppo non ha alcuna intenzione di accontentarsi, speculare o sedersi sugli allori. Il Mondiale sarà l’occasione per un ulteriore salto di qualità; il definitivo passaggio nell’alveo ristretto delle “big” che dominano sui tatami internazionali.

Forse quando i risultati non arrivano, stanno tutti lì a riflettere su cosa non abbia funzionato. Personalmente, preferisco partire dal principio opposto: se qualcosa funziona, significa che dietro c’è un lavoro. Che rappresenta l’elemento fondamentale della nostra strategia, assieme alla continuità. Ciò che ragazzi e ragazze fanno nei loro club giorno dopo giorno: la maggior parte sono professionisti, che danno il massimo, seguiti da allenatori di altissimo livello. Poi in Nazionale diamo continuità a un percorso attento, metodico, dagli alti contenuti tecnico-tattici. Abbiamo la fortuna di avere coach che hanno calcato i tatami per tantissimi anni, un direttore tecnico che ha vinto tanto e un presidente che è stato un grande campione. Tutti questi aspetti vengono riportati negli allenamenti quotidiani. Non siamo mai appagati e cerchiamo di migliorarci ogni giorno. Del resto, le gare sono sempre un grosso punto interrogativo. Perciò il segreto rimane quello di accompagnare gli atleti, consigliandoli con sensibilità e suggerendo loro i percorsi da seguire. Magari arrivare anche a scardinare con molta serenità e pian piano, sistemi e convinzioni radicate nel tempo, affinchè diano comunque un senso positivo alla loro competizione. E non sprechino troppe energie, soprattutto mentali. Ci vuole pazienza ed il giusto atteggiamento: la difficoltà maggiore per qualsiasi insegnante è proprio quella di trasmettere le proprie competenze. Convertire il pensiero in pratica, rendendolo così funzionale nel movimento”.

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