La rovinosa sconfitta con il PSV deve far prendere coscienza a tifosi e addetti ai lavori che all’interno del Napoli, dallo scorso anno a questo, ci sono stati profondi cambiamenti. Circostanze, dunque, che non si sono verificate da un giorno all’altro. Questa situazione, ovviamente, sta avendo un peso specifico nelle strategie dell’allenatore, nonché nelle scelte di formazione. Allora, oggi è serio il pericolo che la sostanza non cambi più di tanto nell’immediato futuro. Per cui il prosieguo della stagione potrebbe diventare sempre più problematico, nel caso in cui Conte non si decidesse (finalmente…) a prendere decisioni scomode. Mettendo innanzitutto in discussione talune gerarchie, attualmente insostenibili, in fatto di uomini e sistemi di gioco.
L’allenatore sembra particolarmente indeciso. Infatti, alla spasmodica ricerca dell’efficacia perduta, mostra una insolita mancanza di equilibrio, sia in campo, nelle due fasi. Del resto, la quarta sconfitta in trasferta, associata all’ottava gara consecutiva in cui gli azzurri beccano gol, testimonia quanto i numeri non siano affatto confortati. A spaventare maggiormente, però, sono le dichiarazioni rilasciate davanti ai microfoni al termine della disfatta di Eindhoven. In conferenza stampa l’Uomo del Salento si è espresso in merito alla sconfitta, ribadendo un concetto già reso pubblico durante il ritiro a Castel di Sangro. E poi a margine della vittoria col Pisa. Prendendo una posizione inequivocabile: inserire molti giocatori nuovi in estate non equivaleva a rinforzarsi. Era tuttavia necessario allargare la rosa in funzione del doppio impegno settimanale. Parole alquanto chiare, che vanno ben oltre i semplici ammiccamenti, buoni solo per strappare qualche titolone sui giornali.
Pesano le assenze e l’atteggiamento
Mentre lo score complessivo fin qui appare decisamente rilevante in termini negativi, se non fosse che siamo al 22 ottobre ed il Napoli ha incassato 16 reti, tra campionato (7) e Champions League (9). Insomma, le cose vanno diversamente rispetto alla stagione passata: il bello è che gli strafalcioni difensivi si ripetono con una ciclicità inquietante. Ormai si prende gol in maniera praticamente identica: un avversario riceve palla, e si muove liberamente, puntando la mediana senza nessuno che lo contrasti con determinazione o feroce cattiveria agonistica. Quindi, imbuca alle spalle dei difensori, del tutto incapaci di leggere il pericolo; cioè marcando blandamente l’uomo di riferimento, oltre ad attardarsi nelle coperture preventive.
Piuttosto di accampare scuse di ogni tipo, in primis le assenze (sulle quali torneremo a breve…), l’atteggiamento complessivo degli azzurri va comunque bacchettato, in quanto la Coppa dalle Grandi Orecchie rappresenta una ghiotta opportunità sul piano economico, oltre che calcistico. Perciò bisogna rammaricarsi della debacle olandese, potenzialmente devastante per squadra e soprattutto società: mancare la qualificazione al turno successivo, al di là del grave danno di immagine, significa rinunciare a nuove entrate. Ovvero, perdere l’occasione di affermarsi in un mercato internazionale capace di aumentare a dismisura la potenza finanziaria del club. Riducendone la competitività e limitandone gli investimenti a medio/lungo termine.
Partendo da questo presupposto, l’impatto che stanno avendo gli infortuni dal punto di vista tecnico-tattico è stato davvero incredibile. Rrahmani ha lasciato un enorme vuoto in retroguardia. Lo stiamo capendo solamente adesso che il suo contributo fondamentale nella tenuta complessiva del reparto arretrato è venuto meno. Lo stesso dicasi di Lobotka, che influenza il gioco, facendo da raccordo su entrambi i lati del campo. E che dire della centralità di Hojlund. Conte ha provato a sostituirlo con Lucca, confermandogli la fiducia, eppure l’ex Udinese non ha fatto in modo di ricambiare questo investimento. Sicuramente al Philips Stadion ha lavorato meglio spalle alla porta rispetto al match di Torino, smistando qualche discreto pallone. Ma ai partenopei manca tremendamente la creatività e l’imprevedibilità negli ultimi sedici metri.
Una sconfitta doppiamente storica
Nondimeno, il tonfo di Eindhoven, per certi versi inatteso, ergo assai più doloroso, dimostra gli equivoci strutturali che sottendono alla costruzione del Napoli post scudetto. De Bruyne doveva essere un prezioso valore aggiunto. Invece, all’improvviso è diventato un problema: il 4-1-4-1 (o 4-3-3 asimmetrico che dir si voglia…) è insostenibile se non corrono e si sacrificano tutti. Oppure se hai giocatori a mezzo servizio, che stanno attraversando una evidente involuzione (tipo capitan Di Lorenzo). Altrimenti gli equilibri tra i singoli reparti e la solidità collettiva sotto la linea della palla finiscono nel dimenticatoio. E si prendono imbarcate colossali come quella di ieri sera.
Per gli amanti delle statistiche, il 6-2 incassato dal PSV è la peggiore sconfitta nella carriera di Conte da quando siede in panchina. Ma il precedente record negativo risale alla notte dei tempi della sua esperienza da tecnico: alla guida dell’Atalanta (stagione 2009/10) perse 2-5 in casa contro la Juventus. Anche per il Napoli è una mazziata che entra a pieno titolo negli annali. Nella storia delle varie partecipazioni alle competizioni UEFA gli azzurri non avevano mai subito sei gol in una volta sola. Il punteggio peggiore era quello incassato dal Werder Brema negli ottavi di finale della Coppa UEFA 1989/90 (5-1 per i tedeschi).
E così, nell’arco di una settimana, si passa dall’entusiasmo alla depressione. D’altronde, questa città è così: vive alla giornata, in perenne attesa di qualcosa che arriverà. Priva del benché minimo equilibrio…
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