Se ci fossero dubbi su come la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) occupi un ruolo centrale all’interno del panorama sportivo nazionale e internazionale, grazie ad un’offerta ampia e variegata, le parole del “suo” presidente contribuiscono a chiarire la volontà di crescere costantemente. Giovanni Morsiani, consapevole del ruolo assunto lo scorso dicembre, non nasconde quindi la propria mission, certo che il prestigio ed il valore tecnico passi per la natura multidisciplinare della federazione, da usare come leva per favorirne la promozione ed al contempo la modernizzazione. A dimostrazione di questa strategia dall’indole decisamente “aziendale”, una storia personale fatta di sacrificio e successi, capace di trasformare la passione adolescenziale nata nella palestra Lucchesi, sede di una centenaria società di lotta, in strutturato impegno dirigenziale.

All’età di 12/13 anni frequentavo il Club Atletico Faenza. In città questo sport è molto radicato; tutti, in un modo o nell’altro, sono passati per la palestra di lotta. La mia carriera sportiva non è durata a lungo. Mi sono iscritto all’università, ma sono rimasto sempre nell’ambiente. Prima come amatore. Poi sono entrato nel Consiglio Direttivo del club, per dare una mano a livello dirigenziale a Napoleone Meinardi, la parte meditativa del club; rispetto al sottoscritto, con un’indole più decisionista. Infine, sono stato coinvolto nel Comitato regionale e da lì è cominciata la scalata. Matteo Pellicone mi volle nel Consiglio, dando un impulso importante alla mia carriera federale. Lucio Caneva, team manager delle nazionali di lotta, scomparso due anni fa, mi ha convinto definitivamente, nonostante avessimo una visione differente: lui orientato all’idea dell’agonismo ad alto livello, teso alla vittoria. Io più propenso all’attività giovanile e di base. Invece eravamo complementari”.

Lecito affermare che l’organizzazione di una Federazione così composita si fonda su prerogative diverse, ma con un obiettivo comune. Che bilancio possiamo fare di questo periodo al comando della FIJLKAM? 

Essere stato scelto come Presidente è un onore immenso; nonché una responsabilità che ho accetto con umiltà, determinazione e profondo senso di servizio. L’idea di fondo è trattare la Federazione come un’azienda, rimodulando i costi, lavorando con trasparenza e dedizione. Creare un sistema di gestione che prescinda dalla mentalità connessa alla dipendenza da contributi. Avere una base solida in termini di risorse umane ed economiche che garantiscano e valorizzino ciascuna delle nostre discipline. Credo nella forza propulsiva delle famose quattro C: conoscenza, competenza, consenso e… fortuna”.

Uno dei princìpi ispiratori la sua campagna elettorale è stato il concetto di radici, inteso come voglia di valorizzare al massimo le competenze e l’entusiasmo di chi s’è sempre speso per il bene delle discipline federali.  

Immagino una FIJLKAM sinonimo di unione e collettività. Insomma, dal forte spirito inclusivo; che sia davvero la casa aperta a tutti e non di pochi. Capace di crescere e innovarsi senza mai dimenticare le sue radici. È fondamentale mettere al centro le nostre 3mila società sportive ed i nostri 170mila tesserati. Ascoltando le loro esigenze e fornendo gli strumenti necessari per crescere e prosperare nell’interesse comune. Lavorando su due macro-linee guida: il core business; cioè l’attività principale, è il risultato sportivo elevato ai massimi livelli. Però, senza mai lasciare indietro nessuno; privilegiando quindi il concetto dello sport per tutti”.

L’altro cardine a fondamento del suo mandato è indubbiamente l’esigenza di costruire ponti e abbattere le distanze. Presumo anche in senso geografico, ovvero, stimolando alla cooperazione i vari Comitati Regionali?

Bisogna lavorare aprendo le porte della Federazione; io per primo non chiudo mai il mio ufficio. Chiunque si affaccia durante le riunioni istituzionali viene coinvolto. Il principio è ascoltare tutti in funzione di un dialogo costruttivo. Specialmente nei confronti degli scettici; non nell’ottica di persuaderli, bensì per trasmettergli la testimonianza di cosa facciamo, come e soprattutto perché. Interfacciarsi con idee diverse comporta inevitabilmente la possibilità di sviluppare nuove strategie. Del resto, cenni di scissionismo ci sono sempre stati. Ma siamo una federazione con un forte un know-how, sia dirigenziale che tecnico, radicata sul territorio e con un mucchio di eccellenze. In tal senso, propendo per accantonare qualsiasi forma di autoreferenzialità. Preferisco creare un solido moto aggregativo”.   

Porsi al servizio di ogni singola disciplina, cioè non lasciare indietro nessuno, efficientando l’agonismo ed al contempo la pratica ludica. Lo strumento ideale per riuscirci sono i progetti associativi portati avanti dalle tre principali discipline: “Casa Italia” per la lotta, il “Symposium” dove si incontrano tutte le componenti del karate, oltre al “Training Campo di Roma” per il judo?

A rigor di logica, l’attività ludica cozza con lo sport ad alto livello. La nostra sfida è proprio quella di crescere portando a bordo tutti, considerando le diverse variabili. Consapevoli che la federazione cresce solamente se ha solide fondamenta. Che si ottengono allargando sempre di più la base della piramide. Come? Per esempio, attraverso l’aggiornamento continuo dei quadri tecnici: formando garantisco un servizio, trasmetto cultura per avere in cambio risultati. Oppure attraverso le iniziative di tipo aggregativo. Che nascono con l’intento di offrire un confronto costruttivo sul piano tecnico-tattico e scientifico-metodologico, allenandosi sotto la guida dei migliori tecnici nazionali. Tra l’altro, con la presenza di alcuni tra i più illustri campioni e campionesse delle nostre discipline. Spesso sono invitate pure delegazioni di altri Paesi, così da condividere esperienze e innovazione”.

La FIJLKAM, con le sue svariate discipline, si offre come riferimento privilegiato per favorire l’accessibilità alla pratica sportiva di bambine e ragazze. Quali sono dunque i presupposti e gli obietti del cd. “Fight Like a Girl”?

Il progetto affronta in primis la questione di genere. E vuole facilitare l’accesso alle nostre discipline, attraverso corsi di judo, karate o lotta, destinati esclusivamente alle bambine e alle ragazze, dai 5 ai 20 anni. Statisticamente, l’inclusione determina consapevolezza. Perciò questo progetto rappresenta una tappa nel percorso di crescita: un primo passo per metterle in sicurezza di fronte a un potenziale pericolo”.

A proposito di visioni futuristiche. La Federazione ha avuto un ruolo di precursore nello sviluppare le abilità motorie. Storicamente, infatti, è stata una delle prime a comprendere la necessità di entrare nella scuola, promuovendo le sue discipline attraverso il progetto “gioco-sport”. L’obiettivo di allargare la base dei praticanti continua a produrre frutti, oppure c’è una contrazione nei tesserati?

Ciascuna delle nostre discipline ha nel suo programma didattico una serie di attività pensate principalmente per i bambini, con lo scopo di sviluppare le abilità motorie e lo sviluppo neuronale, acquisendo le nozioni fondamentali di lotta, judo o karate, in modo sicuro e sostanzialmente ludico. Abbiamo tanti strumenti per sviluppare situazioni che permettano al bimbo di cambiare stato, adattandosi in corso d’opera alle contingenze. Garantendo idonei strumenti che tutelino la salute del bimbo, oltre a permettergli aggregazione attraverso lo sport. Se vogliamo lavorare in prospettiva medio/lungo termine, dobbiamo necessariamente favorire la promozione a tutti i livelli; almeno fino a quando l’età anagrafica non consenta di cominciare l’agonismo”.

Lei ha sempre sostenuto che non è possibile ci sia uno scollegamento tra Federazione ed Governo. In questo scenario si inseriscono i discorsi portati avanti con il Ministro Abodi, relativi alla difesa personale, spendibile sia nelle scuole, che negli ospedali?

Il nostro punto di forza è rimodulare il concetto della difesa personale, in funzione dei diversi contesti. Abbiamo già parlato in precedenza dell’iniziativa destinata alle donne. Però non vanno trascurati i progetti con il mondo della scuola, per contrastare il bullismo e le aggressioni agli insegnanti. Oppure l’accordo di massima con alcune delle principali sigle del personale infermieristico, da formare contro il fenomeno dilagante delle aggressioni. Ma in cantiere c’è una riforma anche del Metodo Globale di Autodifesa. Oltre all’innovativo progetto in ambito militare, con programmi di addestramento finalizzati a migliorare le capacità operativa in uno scenario di combattimento ravvicinato. Rispettando le prerogative nonché le differenze dei destinatari”.

Innegabile che, al di là dell’aspetto meramente sportivo, (quasi) tutte le Federazioni sono attanagliate dal medesimo problema: la gestione economica. Il recente aumento delle varie quote, per esempio, può sopperire all’endemica mancanza di risorse?   

Paradossalmente, mi ritrovo ad essere il presidente che ha aumentato le quote, mentre ho sempre cercato di non ricorrere a questa strategia. Però i costi per l’attività preagonistica sono in linea con l’idea di favorire un processo di crescita, senza gravare troppo sulle famiglie. Alcuni esempi? Fino al dodicesimo anno di età il tesseramento costa 3 euro. E ancora, la creazione di una family-card, destinata ai tesserati, con numerose agevolazioni. Senza trascurare l’assicurazione gratuita ai bambini che praticano le nostre discipline nelle scuole”.

In tema di costi, sussiste l’impressione che i contributi stanziati da “Sport e Salute”, invece di soddisfare le esigenze della FIJLKAM, aumentino il gap con gli sport più popolari. Su tutti, ovviamente, il calcio. Possibile colmare questa sperequazione economica, e se sì, come?  

Sarò banale, ma abbiamo bisogno di più risorse. Magari usando anche il Centro Olimpico come fonte. Abbiamo in cantiere un progetto per aprire la struttura alle città di Roma e Ostia, che ha numeri in termini di popolazione simili a quelli di un capoluogo di provincia. L’idea è condividere con i cittadini le palestre e la piscina per la riabilitazione, in virtù di un accordo con l’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’Università La Sapienza, facendo diventare il Centro Olimpico un polo fisioterapico di primaria eccellenza”.

Non bisogna dimenticare che per tenere alto il livello competitivo, non solo guardando alle prossime Olimpiadi di Los Angeles, c’è necessità di investire; ed al contempo, rispettare il budget. Come si conciliano due “fenomeni” apparentemente in antitesi tra loro?

Al momento, non ci sono extra budget. Questo ci impone di essere comunque sempre performanti, rispettando però dei paletti. Il ranking come strumento di qualificazione olimpica per lotta e judo aumenta i costi di gestione. Lo stesso karate persegue obiettivi internazionali, come Mondiali ed Europei. L’idea è quella di aumentare progressivamente gli investimenti. Ma senza sforare assolutamente. Gestendo la federazione come un’azienda, è giusto che io non dica sempre sì a tutti. Altrimenti sposterei in avanti il problema; mentre bisogna tenere la barra dritta se si vogliono rispettare gli impegni”.

Le Olimpiadi 2024 hanno evidenziato se non dei veri torti nei confronti dell’Italia, nel judo quantomeno una difformità di giudizio. Situazione già verificatasi in precedenza per quanto riguarda la lotta, durante le qualificazioni per Parigi. Come si supera allora l’annoso problema arbitrale?

Non entro nel merito di decisioni specifiche, però credo che per avere uniformità di giudizio, qualcosa debba cambiare. Come? Innanzitutto, modulando tempi e modi della protesta. Personalmente, sostengo l’idea che non vada mai fatta in corso d’opera. Per non minare l’autorevolezza della classe arbitrale. Ritengo che al contrario si possa ottenerla consolidando la presenza dell’Italia. Inserendo i nostri uomini nei principali bureau. Un lavoro che già facciamo egregiamente, grazie ad Alessandro Comi (judo), Davide Benetello (karate) e Salvatore Finizio (lotta), tutti membri di Commissioni tecniche e arbitrali a livello internazionale. Mettersi inoltre in gioco come federazione, entrare nei salotti buoni, anche attraverso l’organizzazione di gare importanti da inserire nei calendari delle varie discipline”.

In chiave “Cinque Cerchi”, è ancora possibile recuperare il terreno perso dal karate con la mancata inclusione nel programma di Parigi e poi Los Angeles. Ci sono speranze concrete sulla via di Brisbane 2032?

Paradossale che il karate, con un tasso di praticanti così alto, sia escluso dalle Olimpiadi. L’obiettivo è Brisbane, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di Coni e Cio. Ma anche della politica. A tal proposito, credo che se la federazione del paese organizzatore ed il comitato olimpico locale non fanno squadra, diventa poi complicato. Forse la mancata inclusione di Parigi rientra in questa situazione; altrimenti non si spiega come il karate, per antonomasia tra gli sport nazionali in Francia, sia stato estromesso. Non bisogna trascurare pure il dover contrastare un certo peso economico degli sponsor. Per esempio, la Samsung è tra i principale sostenitori del Taekwondo”.

Il mito del Campione (doverosamente con la maiuscola), inteso come icona sportiva in cui i praticanti si identificano, per sognare magari un giorno di emularne le gesta, se non addirittura, di prenderne il posto resta il viatico migliore per pubblicizzare le discipline federali?

Dobbiamo assolutamente incrementare il marketing e la comunicazione. Spesso il nostro limite è che siamo belli e bravi, ma lo sanno veramente in pochi. Personaggi del calibro di Alice Bellandi, medaglia d’oro a Parigi 2024, oppure Luigi Busà, oro a Tokyo, generano entusiasmo nei ragazzini, che li prendono come modello di riferimento sportivo. Ma non va trascurato il messaggio positivo che veicolano quando si aprono pubblicamente, esternando i problemi avuti nella gestione di tematiche tipo il peso o il rapporto col proprio corpo. Inoltre, c’è in cantiere un progetto ambizioso: affiancare alla rivista Athlon, un canale video on demand, interamente dedicato alle nostre discipline. E’ un impegno professionale importante, perché prevede la realizzazione di un palinsesto corposo, che enfatizzi e dia peso agli sport federali. Inizialmente vorremmo stimolare la curiosità di tesserati, appassionati o semplici curiosi. Fino a raggiungere un numero tale di utenti, da abbattere i costi. Se non addirittura, convertirli in entrate”.

Lei è il presidente di tutta la “grande famiglia” FIJLKAM, ma da ex lottatore non può che essere rallegrato dalla componente femminile (tipo Emanuela Liuzzi, Enrica Rinaldi, Aurora Russo o Fabiana Rinella), che appare assai competitiva. E lascia immaginare un futuro radioso alle prossime Olimpiadi. Più orgoglioso o speranzoso?

La qualità e il livello della lotta è altissimo. Le nostre ragazze crescono, e ciò lascia intendere che stiamo facendo le cose giuste. Quello che mi conforta maggiormente è il fatto che molte le ho visto letteralmente crescere, cominciare a frequentare i tappeti nei corsi di avviamento propedeutici alla lotta; bimbe di 5 anni che facevano il gioco del cerchio. Vedere che oggi sono il fiore all’occhiello della lotta, vogliose di staccare il biglietto per Los Angeles, indubbiamente mi emoziona”.

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