foto Piccirillo

Quando una squadra come il Napoli becca due gol come quelli presi dal Milan, nella mezz’ora iniziale del primo big match della stagione, evidentemente qualcosa è andato storto nel piano-gara predisposto da Antonio Conte. Al netto dell’errore individuale di Marianucci, in occasione dell’1-0, nonché dell’imperfetto posizionamento collettivo con cui non è stata adeguatamente assorbita la percussione di Pavlovic, propedeutica al raddoppio di Pulisic, l’atteggiamento degli azzurri va rivisto.

La percezione della sconfitta rimane inevitabilmente influenzata dalle assenze, che hanno alterato gli equilibri difensivi dei Campioni d’Italia. Certamente non ha aiutato aver lasciato a casa ben quattro potenziali titolarissimi (due difensori centrali e due laterali mancini). Nondimeno, nel primo tempo la squadra partenopea è apparsa abbastanza monotona nella gestione della fase offensiva. Talvolta addirittura ai limiti del confusionario. E anche in superiorità numerica, sicuramente poco brillante. Segni inequivocabili che la distanza dalla concorrenza si assottiglia paurosamente se l’approccio alla partita non è iperperformante.

Cambiare senza Big Rom

Insomma, la vera notizia emersa dalla notte di San Siro è che il Napoli, pur avendo una struttura ben definita, ha delle potenzialità ancora inespresse: una sensazione che non deve essere ignorata. In tal senso, diventano eloquenti le scelte di Conte. Alcune dettate dalla contingenza, piuttosto che da una reale volontà di cambiare strada. Pensiamo, ad esempio, all’infortunio di Lukaku, che ha obbligato l’allenatore a variare la manovra d’attacco, determinando notevoli conseguenze sul piano del gioco collettivo.

La fisicità di Big Rom, sopportando stoicamente di lavorare spalle alla porta, aveva un impatto enorme sull’intera fase di possesso. Insomma, rappresentava il principale meccanismo utilizzato dalla squadra in funzione tattica. Il reale contributo del belga, infatti, non si limitava a tenere il pallone, facendo a sportellate col marcatore diretto. Ma favoriva gli inserimenti di McTominay e Anguissa. Questo prerequisito viene (leggermente…) sminuito dall’interpretazione del ruolo meno conservativa da parte di Hojlund. Per cui il gioco appare impoverito dagli ultimi cambiamenti. Sembra davvero che il Napoli abbia bisogno di trovare nuove vie per attaccare le difese avversarie. Per caratteristiche il danese sviluppa poco o nulla da pivot, sottraendo alla squadra una preziosa valvola di sfogo. Ovvero, la possibilità del lancio lungo addosso al centravanti.

Adesso bisogna fare i conti con una nuova sfida: creare il contesto ideale per gestire le qualità di un centrocampo dove coesista il dinamismo delle mezzali e l’anima maggiormente ragionatrice del doppio pivote. Con De Bruyne che nella risalita dal basso affianca Lobotka in costruzione.

Fiduciosi sul futuro

In definitiva, per rendere maggiormente sostenibile il possesso della sua squadra, Conte dovrà implementare qualità già evidenti. Tipo sfruttare le doti in campo aperto di mezzali difficili da contrastare, in virtù di doti atletiche, piedi educati e letture visionarie degli spazi. D’altronde, inserirsi alle spalle della mediana altrui rientra esattamente nelle corde di Anguissa e McTominay.

Da questo punto di vista è interessante rimarcare come proprio De Bruyne possa esplorare soluzioni sul breve, oltre a lungo raggio. Ma affinché l’ex Manchester City risulti veramente efficace, il Napoli deve stanare l’avversario, specialmente se questi compatta il baricentro dietro la linea della palla, facendo grande densità e difendendosi basso. Ergo, attirarlo in avanti; obbligarlo ad alzare le linee. Così da garantirsi verticalità nell’ultimo quarto di campo, generando quello spazio profondo da sovraccaricare con inserimenti, tagli o imbucate.

In ogni caso, pur se è inevitabile lasciarsi suggestionare dalla sconfitta, siamo nella fase embrionale della stagione. E una partita storta non può inficiare il valore del Napoli, che resta a pieno titolo nel novero delle candidate allo scudetto. A maggior ragione se pensiamo che l’incrocio dei pali scheggiato da Neres (su fortuita deviazione di Modric) poteva essere il classico episodio in grado di girare la gara a favore degli azzurri. Facendo tornare un sorriso seducente a tutto l’ambiente partenopeo.

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