Questa estate l’acquisto di Noa Lang aveva suscitato un mucchio di aspettative. Nei giorni afosi che scandivano il mercato del Napoli i tifosi immaginavano già l’esterno olandese fare la differenza, aprendosi alla massima ampiezza in fascia, rigorosamente con i piedi a calpestare la striscia laterale, manco fosse un guardalinee, per puntare l’avversario diretto e garantire strappi in conduzione o sovrapposizioni. Punto di forza di chi non vuole basarsi esclusivamente sul fattore corsa, aggiungendo alle skill fisiche dosi massicce di tecnica, che consentono sempre di trovare la soluzione al problema.
In fondo, leggendo il suo curriculum, offriva ampie garanzie che potesse trovare spunti vincenti in situazione di uno contro uno. Finora, invece, rimane ai margini del progetto di Conte.
Insomma, i primi mesi trascorsi all’ombra del Vesuvio hanno generato inevitabilmente un pizzico di frustrazione. Guardare gli altri giocare non è viatico privilegiato per sentirsi vivo. Eppure, ha una sua spiegazione logica lo scarso utilizzo dell’ex PSV. Oltre che di Neres, due ali “pure”, che interpretano in maniera tradizionale il ruolo, cioè allargando sostanzialmente il fronte della manovra.
Catene e sviluppi dinamici
Tatticamente Conte usa un riferimento fisso in profondità: Hojlund. Magari sui movimenti del centravanti ideale per l’Uomo del Salento ci ritorneremo in un altro momento. A moltiplicare i pericoli negli ultimi trenta metri provvedono gli inserimenti tra le linee di McTominay e Anguissa. Sono quindi i sincronismi delle catene a produrre spazio per le mezzali che saturano i corridoi intermedi, piuttosto dell’estro dei singoli interpreti. Per cui spesso Di Lorenzo e Spinazzola offrono uno sbocco sulle fasce, mentre Politano stringe dentro al campo. A completare un sistema offensivo assai fluido, l’half space mancino, dove la squadra può appoggiarsi sullo stesso McT oppure su De Bruyne, così da sovraccaricare la fascia in virtù di uno sviluppo dinamico dell’azione.
Ovviamente, per replicare questi concetti ci vuole un certo equilibrio nella fase di non possesso. Allora, ad assicurare la proverbiale solidità anelata da Conte, scivolando sottopalla per controllare eventuali tagli in profondità, sembrano maggiormente funzionali Politano e Di Lorenzo, rispetto a Neres o Lang. È stupefacente vedere come l’allenatore del Napoli, in un calcio in cui il dominio dell’avversario si basi sulla capacità di controllare lo spazio tra e dietro le linee, riesca poi a restringere inesorabilmente il campo, lavorando sulle scalate in chiave difensiva dal lato debole di un profilo dalla natura bidimensionale del calibro di Spinazzola.
Le scalate di Spinazzola
In questo senso, l’ex romanista è la chiave per efficientare entrambe le fasi. A differenza degli spunti in conduzione di Lang o Neres, che andrebbero compensati con Olivera a proteggergli le spalle. Ma a quel punto, la soluzione individuata dal tecnico per far coesistere assieme McTominay e De Bruyne, una sorta di 4-1-4-1 o 4-3-3 atipico, nel quale a turno si sdoppiano, svolgendo le funzioni dell’ala sinistra, perderebbe valore. Ergo, chi lascerebbe il posto nell’undici titolare, tra lo scozzese ed il belga?
Ecco dunque che una scelta del genere ha innegabili ricadute quando i Campioni d’Italia si difendono, con Spinazzola che occupando una zona di campo “ibrida”, ovvero stazionando sul lato opposto al possessore, nel caso questi la perdesse, a seconda dell’altezza in cui si trova la palla, può accorciare con facilità, chiudendo internamente la diagonale, e rallentare la ripartenza. In alternativa, correre all’indietro, e prendere posizione, riequilibrando il Napoli sotto la linea della palla, non concedendo alcuno spazio agli avversari.
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