Lunedì sera il Napoli non ha acceso la fantasia, anche se alla fine i tre punti sono arrivati comunque. Cosa nient’affatto scontata, per come si erano messe le cose dopo aver regalato il gol del 3-2 al Pisa. Magari contro i nerazzurri è stato a tratti davvero poco spettacolare. In ogni caso, al di là delle letture superficiali sul piano squisitamente estetico o delle facili ironie sullo stile di gioco, resta una squadra decisamente tostissima. In grado di interpretare ogni singola partita con una strategia riconoscibile. Del resto, le quattro vittorie consecutive in campionato sono lì a testimoniarne l’efficacia.
Soprattutto guardando ai principi imposti da Conte, appare dunque evidente quanto superficiale possa essere la critica mossa nei confronti dell’allenatore. Prendiamo per esempio i minuti che hanno preceduto l’espulsione di Di Lorenzo contro il Manchester City, contraddistinti dalla voglia di andare a prendere in alto gli uomini di Guardiola, con la ferma intenzione di sottrargli il pallone nella loro trequarti.
Pretestuoso, allora, accusarlo di essere ossessionato dalla fase difensiva. Non è affatto vero che abbia un’indole scarsamente proattiva, per cui l’atteggiamento degli azzurri sarebbe continuamente orientato a lunghi momenti speculari o conservativi. Al contrario, fermamente convinto della bontà di praticare un calcio ambizioso, l’Uomo del Salento sta cercando di integrare le risorse arrivate dal mercato estivo affinché sia possibile poi sviluppare ampie fasi di gara decisamente funzionali a mettere sotto l’avversario di turno. Forse non dominandolo in assoluto attraverso il possesso. Però è innegabile che come addormenti per larghi tratti della partita il Napoli, creando un inevitabile squilibrio di forze a proprio vantaggio, ed al contempo instillando ansia nella controparte, lo fanno veramente in pochi.
Abbassare il baricentro, schiacciandolo e attestandosi ad un’altezza media, è innanzitutto una scelta strettamente connessa al contesto tattico, mirato ad azzerare i potenziali rischi connessi all’idea di concedere profondità. E quindi essere costretti a correre all’indietro per coprire lo spazio tra i difensori ed il portiere. Così, i Campioni d’Italia eliminano il problema alla radice, facendo grande densità, controllando le distanze tra i reparti, che rimanendo stretti e corti, sono (quasi) sicuri di non subire imbucate tra le linee o verticalizzazioni.
A questo punto bisogna eliminare dall’equazione il concetto che arroccandosi nella propria metà campo i partenopei entrino in modalità “comfort zone”, contenendo le minacce. Il peso di questa affermazione va sicuramente relativizzato. Insomma, dovremmo dirla tutta e sottolineare un palese cambiamento in Conte, maggiormente predisposto al pressing e alla riaggressione rispetto al recente passato.
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