In tempo di mercato non è mai semplice trovare la giusta alchimia, perciò i direttori sportivi devono dimostrare una massiccia dose di creatività per costruire organici solidi, funzionali alle reali esigenze delle loro squadre. Lo sa bene il Napoli, ormai da settimane ferocemente determinato a concludere positivamente l’operazione Ndoye. Peccato che l’agente dello svizzero maturasse da tempo ben altre idee: nonostante gli azzurri avessero raggiunto un accordo di massima con il Bologna, a spostare davvero gli equilibri ha provveduto la volontà dell’esterno, senza la quale il Nottingham Forest non avrebbe mai potuto strapparlo ai Campioni d’Italia. Il tutto a dispetto della narrazione per cui oggigiorno il calciatore moderno assume esclusivamente il ruolo di merce (seppur privilegiatissima…) da scambiare.

Ovviamente, ogni tipo di considerazione in materia di etica comportamentale lascia il tempo che trova, perché nella stragrande maggioranza dei casi le scelte si fondano su ragioni di mera convenienza economica. In effetti, l’atteggiamento di Ndoye ha reso ancora più ingarbugliata la situazione: trattando su tavoli diversi, ha trasformato de facto la società partenopea in una pedina di un gioco machiavellico. Con la conseguenza pratica che ha alimentato l’interesse ad acquistarlo, però alle cifre imposte dai felsinei (45 milioni). Allora, 40 milioni di euro più 5 di bonus, accompagnati da un sontuoso contratto quinquennale da 5 milioni a stagione, sono sufficienti a sbaragliare l’eventuale controffensiva napoletana.

Fiducia e serenità per ritrovarsi

A questo punto Manna, per tentare di soddisfare le richieste specifiche di Conte, che vuole assolutamente completare lo slot di offensive player con una pedina capace di alternarsi a quelli già in rosa (Politano, Lang e Neres), deve necessariamente battere piste alternative. Sembra che il fascino della Premier resti immutato. Così torna d’attualità il nome di Federico Chiesa, qualcosa a metà tra l’occasione last minute e la suggestione estiva. Al Liverpool ha visto poco o nulla il campo; inoltre il feeling con Arne Slot è ridotto talmente ai minimi termini che i Reds lo rimanderebbero volentieri in Italia. L’unico ostacolo potrebbe essere rappresentato dall’ingaggio: per strapparlo alla Juventus nello scorso agosto gli hanno garantito un contratto di cinque anni da circa 6,2 milioni, proibitivo per l’equilibrio di qualsiasi bilancio.

Nondimeno, forse solamente il Napoli sarebbe in grado di rivitalizzarlo, offrendogli l’opportunità di tornare a esprimersi al massimo delle sue possibilità. Del resto, uno dei messaggi più significativi veicolati l’anno passato da Conte alla Serie A è proprio la volontà di assecondare il gioco in catena, mettendo terzini ed esterni nelle condizioni ideali per esaltarsi in fascia e negli half space. Scenario tattico che costituisce un inno alla gioia per chi calpesta quella zona. Chiesa rientra nell’alveo naturale degli esterni verticali, che amano partire larghi, calpestando la linea di gesso, quasi a voler rubare la posizione al guardialinee. Può essere schierato a piede invertito, affinché tagli in diagonale. Oppure sfruttandolo a destra, dove strappa in avanti sull’arto dominante, per puntare l’avversario diretto, arrivare sul fondo e poi crossare. Resta un’ala virtuosa, piena di talento, che ha bisogno soltanto di fiducia per non sfiorire definitivamente. Perché forte la sensazione che ritrovando serenità i tifosi azzurri si godrebbero qualcosa di molto bello.

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