“Me ne vado avendo assaporato gli ultimi bocconi di vita in maniera forte e consapevole. Intendetemi: io penso che qualsiasi vita resti degna di essere vissuta anche nelle condizioni più estreme. Ma siamo noi, e solo noi, a dover scegliere”. Con queste parole si è congedata dal mondo Laura Santi, 48 anni, affetta da sclerosi multipla, che ha scelto di porre fine alle proprie sofferenze nella sua casa di Perugia. Un gesto doloroso e lucido, raccontato in una lettera-testamento resa pubblica il giorno successivo alla sua morte.
La sua scelta, maturata nel tempo e sostenuta da anni di attivismo sul tema del fine vita, scuote nuovamente il dibattito pubblico e politico. Laura ha voluto andarsene nel silenzio, senza avvisare neppure i suoi amici più cari: “Anche nella certezza della mia decisione, si tratta del gesto più totale e definitivo che un essere umano possa compiere. Ci vogliono sangue freddo e nervi d’acciaio”.
Dietro le immagini “carine” sui social, racconta Santi, si nascondeva una quotidianità di dolore crescente: “Una sofferenza feroce, in peggioramento continuo. Mio marito Stefano e le mie assistenti l’hanno vista, ma nemmeno loro potevano capire quanto male sentissi dentro”.
Laura non ha mai perso la lucidità e, anzi, ha raccontato di aver vissuto in modo pieno gli ultimi mesi, “assaporando ogni angolo, ogni volto, ogni colore, ogni minuscola passeggiata fuori”. Ha salutato così anche amici, familiari, colleghi, attivisti, medici e operatori che l’hanno accompagnata in questo difficile percorso: “Fate conto che io vi stia abbracciando. La mia vita è stata piena anche grazie a voi”.
Il ricordo di Marco Cappato
Tra i primi a ricordarla pubblicamente, Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e promotore di numerose battaglie per la libertà di scelta sul fine vita: “Laura ha resistito per anni in condizioni di sofferenza inimmaginabile. Lo ha fatto anche per difendere le libertà fondamentali di tutti noi. Ora ci lascia forza e amore per proseguire la sua lotta”, ha scritto sui social, rivolgendo un pensiero affettuoso anche al marito Stefano e a quanti l’hanno amata.
La testimonianza di Laura Santi riaccende i riflettori su una questione che in Italia resta priva di una legge chiara sul suicidio assistito. La sua dignità, la sua voce limpida e la sua forza interiore rimangono ora come eredità morale e civile: un appello silenzioso ma potentissimo al rispetto della libertà individuale, alla possibilità di scegliere come vivere e come morire.