Aurelio De Laurentiis, l’imprenditore. Dal cinema al calcio andata e ritorno. La sua esperienza professionale che diventa anche umana. Il suo arrivo a Napoli – la città dove vorrei vivere per sempre, altro che il mignottaggio dubaiano – come è cambiato il calcio in questi venti anni, come realizzare i propri sogni senza arrendersi, avendo il coraggio di fare scelte. Anche controcorrente. Il patron del Napoli incontra i ragazzi di Giffoni Impact in una affollatissima Sala Verde. E lui non si risparmia alle domande che arrivano dal pubblico. Il discorso è ricco di aneddoti che lasciano emergere il profilo di un uomo di successo, carisma e personalità da vendere. “Non amo parlare ma rispondere. Tutto quello che volete chiedermi, tranne il mercato, può diventare una domanda. Parliamo di cinema e di sport”. Quali sono gli obiettivi del Napoli? Il presidente risponde così: “Competitivi ai massimi livelli. Il problema del Napoli è che noi, come gli altri – accompagnati dalla Francia – siamo immersi in un sistema fallimentare. L’Inghilterra ogni anno perde 750 milioni di sterline. Dobbiamo prendere decisioni, altrimenti tra due, tre anni il calcio scompare. Al sottosegretario Fazzolari ho consegnato due, tre cartelle. Rispetto il Ministro dello sport che ha già allungato il contratto dei calciatori a 8 anni, una mia richiesta. Ha fatto tanto, ma non basta. Rischiamo di usurare la salute dei nostri calciatori, dobbiamo intervenire altrimenti il calcio fallisce. Negli Stati Uniti, il Basket fortissimo stava perdendo soldi una decina di anni fa. Le squadre hanno deciso di sospendere il campionato per sei mesi, hanno deciso i cambiamenti. Abbiamo una serie B fallimentare, una serie A che non riesce a ridursi. Tutti i costi sono arrivati alle stelle, come per le squadre femminili. Chi sta dietro al calcio, istituzionalmente parlando, sembra quasi che faccia la guerra al calcio, pur di non farlo crescere. Veltroni ebbe un’intuizione felice, considerare le società di calcio come società di capitali che devono avere i conti in equilibrio. Ma questa cosa non è entrata nella testa di nessuno. E si continuano ad ammettere in serie A squadre che non hanno le condizioni per starci. I politici credono che noi siamo miliardari, quando il 90% dei club è pieno di debiti”.