Al di là delle evidenti caratteristiche morfologiche di Sam Beukema (superfluo rimarcare quanto sia alto, nonché strutturato fisicamente), se dovessimo scegliere un aggettivo in grado di riassumere veramente che tipo di profilo abbia preso il Napoli, non c’è dubbio: “applicato” rimane il termine più azzeccato. L’ex Bologna, infatti, modella in marcatura un muro immaginario, fatto di attenzione e concentrazione, ideale a sedare i facili entusiasmi degli attaccanti avversari. Insomma, l’olandese ha avuto una stagione a tratti dominante, palesando momenti di strapotere difensivo, che inevitabilmente assumono un valore maggiore, se rapportato alla proposta di gioco dei felsinei. Italiano è un allenatore dai principi tattici talvolta radicalizzati, che estremizza ideologicamente concetti tipo pressing alto e riaggressione feroce. Per cui, non era raro che in retroguardia accettasse pericolosi uno contro uno, quasi agli antipodi con il calcio organizzato con cui Conte ha orientato lo scorso campionato degli azzurri. Innegabile dunque che il club partenopeo abbia scelto una risorsa “da sistema” – un affare da 30 milioni, bonus compresi -, aprendo una prospettiva inedita alla carriera di Beukema. Probabilmente, proprio il sapersi destreggiare in situazione di parità numerica ne ha fatto avanzare la candidatura in qualità di rinforzo per i Campioni d’Italia. Ma l’obbligo di voler allungare le rotazioni per andare incontro al doppio impegno Serie A-Champions League, con una rosa lunga ed omogenea, non è l’unico motivo che ha convinto il tecnico salentino ad avallarne l’acquisto.

Una delle peculiarità del Napoli resta la fluidità dei movimenti e l’interscambio posizionale: una identità riconoscibile sin dal primo possesso, che attribuisce il ruolo da protagonisti ai centrali nella risalita del campo attraverso il palleggio. Una fase resa iconica dall’uso sempre più diffuso di una costruzione ibrida, cioè basata su tre giocatori. Non un modo innovativo per destrutturare l’avversario, superandone le linee di pressione; bensì la reinterpretazione della cd. Salida Lavolpina, tanto cara a Per Guardiola ai tempi degli esordi in panca col Barcellona. Conte ha elevato ad una nuova dimensione questa giocata codificata, all’interno di un contesto che volutamente esaspera fluidità e mobilità, per cui Lobotka si abbassa tra i centrali, diventando il vertice basso del triangolo di costruzione, mentre i terzini leggono la disposizione altrui, e si schierano di conseguenza: generalmente, Di Lorenzo stringe dentro, smarcandosi alla stregua di un “finto centrocampista”, per generare superiorità interna, utile poi nello sviluppo dell’azione. E Olivera si apre alla massima ampiezza, portandosi via l’uomo. Allora, la più logica tra le implicazioni future sarà coinvolgere un difensore dai piedi educati del calibro di Beukema, affinché il gioco del Napoli risulti decisivo per “tirare fuori” gli avversari da blocchi difensivi magari assai conservativi.

In alternativa, l’olandese potrebbe risultare decisivo per favorire la progressione della manovra, semplicemente organizzando una consegna del pallone più pulita al pivote slovacco, oppure alle mezzali. Del resto, le derive assunte dal calcio moderno hanno estremizzato il concetto di “invasione”. Perciò, per gli azzurri, l’obiettivo di conquistare porzioni consistenti di campo si coniuga alla perfezione con la capacità di Lukaku nel destreggiarsi spalle alla porta, senza minimamente soffrire la marcatura del controllore diretto, accorciando addirittura fino all’altezza della linea mediana. Senza dimenticare quanto siano abili McTominay e Anguissa ad inserirsi, aggredendo lo spazio dietro i centrocampi. In questo scenario, cercare di controllare ritmo e intensità con pazienza, partendo dalla propria retroguardia, aumenta esponenzialmente le possibilità di verticalizzare o comunque imbucare senza rischi con un passaggio smarcante.

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