Un “sistema fraudolento”, con “modalità criminali collaudate” e una “personalità spregiudicata” capace di commettere “gravi reati contro la pubblica amministrazione”: così il giudice per le indagini preliminari di Torre Annunziata, Emanuela Cozzitorto, definisce l’operato del sindaco di Sorrento, Massimo Coppola, e del suo collaboratore Francesco Di Maio. I due sono finiti in carcere ieri pomeriggio con l’accusa di corruzione legata a un appalto per la refezione scolastica. A far crollare il presunto sistema di tangenti è stata la denuncia di un imprenditore, che lo scorso 20 maggio ha consegnato – secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza – una parte della tangente a Coppola e Di Maio in un ristorante della Costiera. L’uomo, in difficoltà economiche, ha deciso nei mesi scorsi di collaborare con gli inquirenti, raccontando nei dettagli il meccanismo corruttivo: “Se non avessi pagato, non avrei vinto la gara”, ha dichiarato.
In uno degli interrogatori, l’imprenditore ha riferito che per l’aggiudicazione del servizio all’asilo nido Benzoni gli fu chiesto un pagamento di 50mila euro direttamente dal sindaco. Le somme, secondo l’accusa, venivano consegnate con una modalità ripetuta: appuntamenti in ristorante, il denaro nascosto in bagno e prelevato dal collaboratore Di Maio, che lo riponeva nello zaino. Questo rituale, secondo il racconto, si sarebbe ripetuto almeno dieci volte in tre anni.
Il racconto comprende anche episodi di tensione: tre volte, dopo una sospensione dei pagamenti, Coppola si sarebbe presentato personalmente a casa dell’imprenditore per sollecitare la “quota”, lamentando che Di Maio trattenesse per sé il 30% delle mazzette. I pagamenti avvenivano in parte prima dell’assegnazione dell’appalto e in parte dopo, in forma rateizzata.
Il gip evidenzia anche un dettaglio inquietante: quando l’imprenditore si è lamentato dei costi legati al rispetto degli standard di qualità previsti dal bando (destinati alla mensa per bambini), il sindaco lo avrebbe rassicurato dicendo che “all’atto pratico” non era necessario rispettarli.
Nell’ordinanza si legge che il sistema “evocava per entrambi una personalità spregiudicata ed avvezza all’illegalità, abusando dei poteri legati alla funzione pubblica esercitata dal primo cittadino”.