Quelli appena terminati in Armenia, per la Nazionale di karate targata FIJLKAM, sono stati i Campionati Europei in cui un po’ tutti – atleti e tecnici, con la fattiva collaborazione dell’intero supporting staff – hanno contribuito a issare l’Italia tra le migliori della rassegna: prima come numero complessivo di medaglie conquistate, e seconda nel medagliere, dietro solamente alla Germania, che può vantare un oro in più. La trasferta di Yerevan rappresenta soprattutto il momento in cui le sorelle D’Onofrio (Terryana e Orsola) hanno dimostrato di essere tra le principali interpreti del kata continentale.

Allora, chi meglio di Vincenzo D’Onofrio, nella veste di padre e Maestro, che ha fondato il suo metodo su applicazione e rigore, convinto della fatica come strumento di realizzazione, può aiutarci a celebrarle, portandoci nel loro microcosmo. Dove le ragazze lavorano per realizzare un progetto che cresce nel tempo.

Non ci sono dubbi, il doppio ruolo produce emozioni che si vivono profondamente. Brividi moltiplicati poi dal contesto: il suono dell’inno nazionale accompagna la bandiera che sventola sul podio, mentre il coro dei compagni di squadra intona Fratelli d’Italia…”.

Uno solo il target, limpido: coltivare il talento. Ogni sforzo è orientato ad affrontare gli allenamenti quotidiani con grande abnegazione.

Però non ho mai spinto le mie figlie alla pratica, nessuna costrizione, sin da piccole volevo che si allenassero con il sorriso. Del resto, questo è uno dei miei princìpi ispiratori, come tecnico. Finché si divertono. Poi, ovviamente, con l’agonismo sono cominciati ad aumentare progressivamente i carichi di lavoro. Ma sempre rispettando un percorso didattico funzionale a sviluppare le loro capacità motorie e cognitive. Insomma, piuttosto che allenarle in modalità ossessiva-compulsiva, preferisco che riposino il giusto, onde evitare spiacevoli situazioni di over-training”.

Senza trascurare quanto la costante ricerca scientifica favorisca proprio il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Non a caso, Vincenzo è autore di numerose pubblicazioni, che partendo da un approccio multidisciplinare, realizzano un approccio didattico e strategico, valido non solo per il karate.

La ricerca di nuove metodologie è fondamentale, perché il processo di allenamento deve incidere su tutti i parametri che influenzano poi la gara: tecnico-tattici, emotivi e condizionali. Perciò, puntiamo ad un lavoro di qualità, per distribuire il carico motorio in maniera funzionale: diciamo non più di 90’ per sessione. E’ importante il ciclo di rigenerazione, che talvolta ha un range limitato, dovendo gestire un calendario ormai fitto di impegni agonistici. Una adeguata preparazione, fisica e mentale, ti consente di mantenere alto e duraturo il livello; di non crollare mentalmente alla prima sconfitta”.

Nessuna rivincita, solo consapevolezza

Innegabile che in questa stagione le D’Onofrio stiano facendo nuovi passi in avanti. D’altronde, con le migliori succede sempre così. Generalmente, vincono dominando, perché la loro tecnica è troppo pulita rispetto alla concorrenza. I calci sono come frustate; le parate alternate ai contrattacchi di braccia eseguiti con intensità e un timing allucinante. Insomma, chi le guarda pensa subito che si stiano creano un margine di vantaggio difficilmente colmabile dalle rivali.

Alla base ci sono sempre i fondamentali; la ripetizione univoca e costante ti consente di depositarli nei magazzini della memoria. E la pulizia dei gesti, solo apparentemente elementari, tipo il primo kata, diventa poi il presupposto per stratificare le conoscenze, dando vita a movimenti più complicati. Una metodologia buona sia per il kata che per il kumite (combattimento a contatto controllato. n.d.a.), dove automatizzare e padroneggiare le tecniche permette di esprimere tutto il potenziale; nonché economizzare le energie. Chi è carente di questi requisiti finirà per eseguire tecniche un pò rozze, sporche e prive di pulizia”.

Ecco che in determinate occasioni la storia si ripete, questa volta non come forma di rivincita, bensì come promessa di felicità. Però certe traiettorie ti restano dentro. E la pazienza, alla lunga, paga. Per cui, forse era destino che questi diventassero gli Europei di Terryana D’onofrio. Netta la vittoria sulla francese Helvetia Taily, (42.10 a 41.60), che vale un oro carico di significati.

Lo scorso anno l’oro era sfuggito per un cavillo del regolamento, lo scarto minimo aveva penalizzato Terryana. Lei però ci ha sempre creduto, consapevole del grande lavoro svolto, anche assieme a Sara Battaglia e Cinzia Colaiacomo. In Armenia, visti i sorteggi, abbiamo subito pensato che fosse una pool impegnativa, con alcune tra le migliori: le ho tutte io, mi ha detto. Ho risposto che avevamo stabilito una scaletta di kata, e che ogni gara ha la sua storia. Anche la finale non è stata semplice. La francese ha interpretato un ottimo Gankaku, con fasi monopodaliche da mantenere importanti. A fare la differenza a favore di Terryana, una serie di fattori; chiaramente, la qualità del kata. Espressivo, dinamico ed esplosivo. Poi l’equilibrio nelle rotazioni dorsali, prive di sbavature. O come diciamo in gergo, senza mai sbarellare!”.

Insomma, Terryana non era affatto a caccia di rivincite. Al contrario, giovane ma già celebre e apprezzata, universalmente considerata una delle migliori della sua generazione, sembra una donna decisamente risolta, fuori e dentro il tatami. Vantava comunque un credito con la fortuna, dopo il discusso argento nella edizione del 2024, decretato all’hantei, cioè per decisione del gruppo arbitrale, nonostante la parità nel punteggio con la turca Dilana Bozar. E l’ha riscosso, mandando un segnale importante alla concorrenza: occhio, che (probabilmente…) si apre un ciclo.

Beh, negli ultimi quattro anni, ha avuto continuità ad alti livelli. Solo agli Europei: un argento, due bronzi e adesso l’oro. Ora c’è la sensazione che le avversarie la temano. Una sorta di contraddizione, nel senso che nutrono grande rispetto, consce che bisognerà battere anche lei, per arrivare a medaglia. Al contempo, scherzosamente, penso che possano considerarlo anche un bene: se perdi, poi hai una via privilegiata per i ripescaggi”.

Premiati sacrifici e determinazione

L’adrenalinico effetto prodotto dalle “sorelle terribili” è riverberato anche nella squadra di kata. Tanti gli sforzi del team femminile, composto proprio da Orsola D’Onofrio, nonché da Michela Rizzo e Elena Roversi, per raggiungere la finalina che assegnava il bronzo. Sembrava che la sconfitta al primo turno contro il Portogallo dovesse pregiudicare subito il torneo ad un trio di ragazze brave e pure un pò sfacciate. Capaci di eseguire kata con leggerezza e tenacia. Ma con le lusitane in finale, la scena è improvvisamente cambiata. Ai ripescaggi, le Azzurre hanno azzerato la delusione. Al punto da imporre con fermezza feroce una evidente superiorità nei fondamentali. Regolata la Croazia, (39.10 a 36.90), a contendere il gradino più basso del podio rimaneva soltanto la Turchia. A quel punto, la scelta di inserire per l’atto conclusivo la neocampionessa europea, in luogo della sorella Orsola. Con la serenità di chi sta già riscrivendo la storia e la sicurezza che è giunto finalmente il momento di raccogliere i frutti di un lavoro minuzioso, l’Italia mette il suo sigillo, battendo le turche (41.80 a 40.20) oltre ogni ragionevole dubbio. A dimostrazione che questo gruppo in vorace ascesa è granitico; un modello dichiarato di intenti comuni, dove gli interessi collettivi prevalgono sugli egoismi individuali.

Questa medaglia ripaga Orsola dei grandi sacrifici che sopporta; studia medicina all’Università di Enna. Quindi, gli spostamenti per allenarsi, tra Roma e Sant’Arcangelo, non sono affatto semplici. Inoltre, ha una feroce determinazione nel perseguire i suoi obiettivi: in passato, per esempio, nonostante vincesse a livello italiano, non veniva presa in considerazione per la Nazionale. Invece di mollare, davanti alle difficoltà, non si è tirata mai indietro. Segno di una grande forza a livello psicologico…”.

Le immagini durante la premiazione rimandano un intero nucleo familiare profondamente soddisfatto, quasi svuotato, da come sono andate le cose. Un mood incentrato sulla voglia di vincere, puntando sulla pura qualità, che ormai è diventato il marchio di fabbrica delle sorelle D’Onofrio. E mentre le medaglie cingevano il collo di Terryana e Orsola, il più felice era proprio Vincenzo, abbracciato alla moglie (“Lei è il vero pilastro della nostra famiglia…”), raggiante in volto alla stregua come quei Maestri orgogliosi del percorso compiuto da ciascuna delle sue allieve diligenti. Col cuore colmo di gioia, come il più amorevole dei papà.

Per noi genitori, una gioia condivisa. Agli Assoluti, invece, avevamo il cuore diviso in due, perché in finale si sono dovute scontrare tra loro. Come padre, non è stato semplice dal punto di vista emozionale. Da tecnico, ho fatto un discorso chiaro a entrambe: eseguite il kata al massimo livello prestativo A Orsola ho detto semplicemente: prova a farle lo sgambetto, A Terryana, invece, di non pensare alla sorella, di essere la solita professionista. Solo così si sentirà pienamente rispettata come avversaria”.

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